È probabilmente destinata a proseguire fino al prossimo mese di ottobre la discussione in essere sulle misure più idonee da adottare per flessibilizzare il sistema di pensionamento costruito con l'ultima riforma della previdenza, cioè attraverso la cosiddetta legge Monti - Fornero del 2011. In quegli anni ci si è trovati a dover stabilizzare l'emergenza finanziaria dello spread al prezzo di grandi sacrifici per i lavoratori e i pensionandi, ma contestualmente si è venuta a creare anche una vasta platea di soggetti trovatasi di colpo spiazzata dall'irrigidimento dei requisiti anagrafici e contributivi di pensionamento.
Parliamo di esodati, precoci, persone che hanno svolto lavori usuranti, quota 96 nella scuola e molti altri, dovendo considerare anche i giovani che sono rimasti di colpo senza possibilità di accedere al mondo del lavoro a causa del blocco verificatosi nel naturale processo di turn over e ricambio generazionale. Molti soggetti sono ormai allo stremo delle proprie forze e attendono una risposta di welfare dalla politica.
Riforma della previdenza e flessibilità nelle uscite: il Governo sembra voler prendere tempo per cercare una soluzione al rebus delle coperture
Stante la situazione, i diversi Governi che si sono succeduti fino ad ora hanno cercato di porre rimedio alle situazioni di maggior disagio con delle misure di salvaguardia estemporanee, che sono risultate valide solo per una parte della platea dei lavoratori.
L'esecutivo attualmente in carica sembra aver preso finalmente consapevolezza della necessità di un intervento più deciso, così come si può intuire dalle numerose aperture alla flessibilità previdenziale presenti nelle dichiarazioni rilasciate dal Ministro del lavoro Giuliano Poletti.
La vertenza è quindi passata dal nodo della necessità di un intervento al come questo stesso intervento dovrà essere portato avanti, visto che resta evidente a tutti come il problema principale sia il reperimento delle coperture.
Uscite anticipate, dalla misura a costo zero fino alle stime più onerose: ecco le stime sulle opzioni di prepensionamento
Nel frattempo il dibattito si è arricchito di numerose proposte e idee sui progetti di prepensionamento da attuare; quelle con maggiore goodwill da parte dei sindacati sembrano al momento riferirsi alle elaborazioni della Commissione lavoro alla Camera, che ha proposto il ripristino del sistema a quote con la cosiddetta quota 97, caratterizzata da sbarramento a 62 anni di età e 35 di versamenti (più una penalizzazione del 2% l'anno).
Per i lavoratori precoci è arrivata invece l'idea di un'uscita con 41 anni di versamenti indipendentemente dall'età. Il costo per le misure dovrebbe però attestarsi attorno agli 8 - 10 miliardi di euro. A queste ipotesi si contrappone l'idea del Presidente Inps Boeri di aprire al prepensionamento dei lavoratori già dai 57 anni di età, seppure con il ben più gravante ricalcolo contributivo della pensione. Un meccanismo che nel lungo periodo risulterebbe a costo zero per le casse pubbliche, pertanto con la sua adozione verrebbe meno la necessità di reperire nuove coperture per l'approvazione della misura.
Come già spiegato ad inizio articolo, per capire quale ipotesi prevarrà, bisognerà aspettare con tutta probabilità il prossimo mese di ottobre, quando la discussione della nuova legge di stabilità entrerà nel vivo.
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