Le Pensioni anticipate con uscita a quota 100 torneranno in Parlamento. Il nuovo partito di Matteo Renzi non rinuncia all'idea di modificare la riforma delle pensioni messa a punto un anno fa dalla Lega di Matteo Salvini e dal M5S e punta all'abolizione proprio della misura di uscita anticipata a 62 anni e con 38 di contributi. L'iter di approvazione della Manovra 2020 dovrà fare i conti non solo con i vincoli imposti da Bruxelles, ma anche con i difficili equilibri della maggioranza. E prima di arrivare alla versione definitiva della legge di Bilancio 2020, si dovrà discutere, in Parlamento, anche dell'emendamento presentato da Italia Viva proprio sulla quota 100: totale abolizione oppure modifica dei percorsi di uscita con ampliamento delle finestre di attesa tra la maturazione dei requisiti e l'effettivo versamento dell'Inps dell'assegno di pensione.

Nell'incertezza sul futuro della quota 100 si fanno strada ipotesi di riforma delle pensioni anticipate che mirano alla flessibilità in uscita che consentirebbero l'abbandono del lavoro fino a quattro anni prima rispetto ai 67 anni della riforma Fornero, ma con una penalizzazione variabile a seconda degli anni di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia. E' questo il concetto di flessibilità delle pensioni: si smette prima rinunciando a una parte del mensile pensionistico.

Pensioni anticipate con uscita a quota 100: ultime novità oggi su fine sperimentazione al 2021

Secondo quanto riportato da Il Messaggero, è difficile che le pensioni anticipate a quota 100 possano essere abrogate già a partire dal 2020 come vorrebbe Matteo Renzi.

Più facile che la sperimentazione della misura completi il suo ciclo di tre anni (fino a tutto il 2021) o, al massimo, abbrevi la durata fino al termine del 2020. Più concretamente, le pensioni a quota 100 potrebbero essere interessate ad un restyling dal confronto in Parlamento relativo alle finestre di uscita: si parla di tre mesi in più sia per i privati (con slittamento della pensione di sei mesi, considerando i tre attuali) che per i dipendenti del pubblico impiego (lo spostamento aumenterebbe a nove mesi dai sei di oggi).

In questo modo, alcune centinaia di milioni di euro di risorse stanziate per la quota 100 potrebbero essere spostate per altre misure a sostegno del reddito e della famiglia, come auspicato proprio da Matteo Renzi.

Pensione anticipata: proposta Boeri abolizione quota 100 con uscita a 63 anni

A proposito di proposte di riforma delle pensioni anticipate con uscita a quota 100 l'ultima, in ordine di tempo, è arrivata dall'ex Presidente dell'Inps Tito Boeri che non esclude l'ipotesi dell'abolizione della misura già a partire da gennaio 2020.

In questo caso, come richiesto da Matteo Renzi, si finirebbe nell'incubo degli esodati senza avere tempo a sufficienza per misure che possano assicurare un'uscita alternativa a chi sia prossimo alla maturazione dei 62 anni e dei 38 di contributi. Più verosimilmente, la quota 100 uscirà di scena il 1° gennaio 2022 o non antecedentemente al 1° gennaio 2021, ma in entrambi i casi ci sarà da ammortizzare il ritardo di uscita, fino a sei anni, di chi avrebbe avuto i requisiti della quota 100 e invece dovrà attendere la pensione di vecchiaia o la maturazione dei contributi necessari alla pensione anticipata. Boeri, nella sua analisi presentata su Repubblica, propone una riforma delle pensioni in senso flessibile, con uscita a partire dai 63 anni di età (che andrebbe bene non solo ai potenziali beneficiari di quota 100 ma anche alle future generazioni di lavoratori) con una riduzione di un punto e mezzo percentuale sull'assegno mensile per ogni anno di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia.

Beneficiare complessivamente della possibilità di uscita proposta da Boeri significherebbe un taglio della pensione del 6 per cento, con uscita a 63 anni rispetto ai 67 richiesti per la pensione di vecchiaia. Dunque, la proposta di Boeri si classifica tra quelle che prevedono di ricalcolare l'assegno di pensione flessibilmente, ovvero il lavoratore avrebbe la possibilità di scelta di continuare a lavorare oppure "pagare di tasca propria" per andare in pensione prima.