Gli aumenti degli stipendi e il taglio del cuneo fiscale saranno tra le prime emergenze che il governo che andrà a formarsi dovrà affrontare. C'è subito una prima scadenza, quella del bonus contributivo del 2% che termina la sua validità con il cedolino di busta paga di dicembre 2022. A beneficiarne sono tutti i lavoratori alle dipendenze, del settore privato come della Pubblica Amministrazione e della Scuola, purché i loro redditi annuali non superino al lordo i 35mila euro. Aumenti che si traducono in busta paga in circa 25-30 euro mensili ma che, rispetto all'andamento dell'inflazione, risultano del tutto insufficienti.

Il taglio del cuneo fiscale, dunque, dovrà comprendere misure ben più incisive se davvero si voglia garantire ai lavoratori di avere una mensilità in più alla fine dell'anno. La partita del "dossier lavoro" che il nuovo governo dovrà affrontare è, in ogni modo, complessa e racchiude anche il Reddito di cittadinanza e il salario minimo a 9 euro l'ora, questioni rimaste nell'ombra nelle ultime due settimane ma che potrebbero riaccendere il dibattito politico.

Stipendi, aumenti in busta paga fino a 25-30 euro al mese: ecco le ultime novità

Tra i primi dossier sul lavoro del nuovo governo, che presumibilmente sarà formato da Giorgia Meloni e dai partiti del centro-destra, ci sono gli aumenti degli stipendi dei dipendenti della Pubblica amministrazione, dei docenti e Ata della scuola e del settore privato.

La misura da confermare è quella introdotta dalla legge di Bilancio 2022 dello 0,8% del bonus contributivo, poi aumentato dell'ulteriore 1,2% per i cedolini di busta paga da luglio a dicembre di quest'anno. Il 2% totale di sgravio contributivo per i redditi entro i 35mila euro - che non comporta riduzioni per le future Pensioni - produce un aumento degli stipendi variabili a seconda del livello retributivo fino a 25-30 euro mensili.

Per confermare questa misura per tutto il 2023 il nuovo governo dovrà trovare risorse per 3,5 miliardi di euro. Ma i partiti della nuova maggioranza sarebbero pronti a trovare fondi più incisivi per tagliare il cuneo fiscale e arrivare a quella che nell'ultima campagna elettorale era stata ribattezzata come "una mensilità in più negli stipendi alla fine dell'anno".

Cedolino di busta paga, aumenti stipendi fino a 1.223 euro per Pubblica amministrazione, scuola e privati: ecco la proposta

In effetti, per i redditi da lavoro fino a 35mila euro all'anno, l'ipotesi è quella di bonus contributivi per aumentare gli stipendi in busta paga portandoli, nella misura massima, ad aumenti di 1.223 euro all'anno, sia per i dipendenti del privato che per quelli della Pubblica amministrazione. Il taglio contributivo - e dunque gli aumenti delle buste paga - dovrebbe essere garantito per sempre. La proposta è stata lanciata da Confindustria nei giorni scorsi e consiste in uno strumento "choc" sugli stipendi dei lavoratori con copertura da assicurare pari a 16 miliardi di euro all'anno: lo strumento che andrà sul tavolo del nuovo governo a difesa delle retribuzioni dei lavoratori deriverebbe da una serie di obiettivi da raggiungere gradualmente.

Tuttavia dall'insediamento del nuovo governo i tempi saranno stretti: in due mesi, il nuovo esecutivo dovrà trovare le necessarie coperture finanziarie per inserire la misura nella legge di Bilancio 2023.

Non solo stipendi, anche riforma Reddito di cittadinanza e salario minimo 9 euro l'ora: quali novità?

Nel mirino del nuovo governo potrebbe esserci anche la riforma del Reddito di cittadinanza. La misura, soprattutto nell'estate scorsa, ha avuto in parte un effetto "spiazzamento" sul mercato del lavoro, non favorendo le assunzioni di lavoratori con esperienza soprattutto nel settore terziario. Peraltro, dai dati Anpal in collaborazione con Unioncamere, sono tantissime le professioni, anche di profili con competenze più elevate, per le quali le imprese non riescono a trovare i "candidati ideali".

E dunque posti di lavoro che rimangono scoperti e sui quali l'emergenza è quella di assicurare efficienti politiche attive, di tirocinio e di formazione sul mercato del lavoro. La riforma del Reddito di cittadinanza dovrebbe passare innanzitutto attraverso un sistema che dovrebbe garantire un controllo maggiore sui rifiuti delle offerte di lavoro e, quindi, alla perdita dell'indennità. Se all'inizio della sperimentazione i rifiuti possibili erano tre (e attualmente sono scesi a due), con il nuovo governo si dovrebbe arrivare alla perdita del Reddito di cittadinanza già dal primo rifiuto di un'offerta di lavoro "congrua". La crisi del governo Draghi ha messo da parte un'altra questione molto sentita soprattutto dal M5S, ovvero quella del salario minimo di 9 euro all'ora.

Con il nuovo governo probabilmente si assisterà a un accantonamento della proposta che incontra le forti resistenze delle parti sociali. Peraltro, la direttiva europea sui salari minimi non è vincolante per l'Italia, dove il tasso di copertura della contrattazione collettiva è superiore al tetto minimo fissato da Bruxelles, pari all'80%.