62,14 per cento, è il dato relativo alla percentuale dei votanti durante le ultime elezioni amministrative, avvenute in Italia nella prima metà del 2016. Da esso è facile dedurre la disaffezione che il popolo italiano dimostra verso la politica; e le cause, di questo allontanamento, sono sicuramente innumerevoli. Ma in definitiva, la probabile causa principale, a cui attribuire l'elevata percentuale di non votanti, rimane la credibilità stessa della politica.

Il referendum come ennesima conferma della scarsa credibilità della classe politica

La propaganda che precede il Referendum è sicuramente una prova esemplare della poca credibilità della nostra classe politica.

Essa passa dal sempre più corrente utilizzo dell'insulto verso l'avversario, al fine di delegittimarne l'autorevolezza o forse per indurlo in reazioni esagerate che colpirebbero l'opinione pubblica. Ad ogni modo, la poca credibilità si manifesta per l'appunto attraverso questo modo di fare propaganda; e gli esempi in tal senso, nella campagna elettorale attuale sono diversi.

In primo luogo si potrebbe riportare la colorita espressione con la quale il leader del M5S Beppe Grillo si riferisce al presidente del consiglio Matteo Renzi, etichettandolo come "scrofa ferita".

O ancora le accuse, che dal PD giungono ai danni dei grillini, come se dalla loro parte fosse ovunque imperante l'onesta, in merito alla questione delle firme siciliane.

Ma basta trattenersi nella visione di un qualsiasi talk show televisivo per rendersi conto che la discussione politica è molto spesso una gara all'insulto.

Non solo, anche addentrandosi maggiormente in merito alle ragioni del sì o del no, il dibattito politico si trasferisce su una scala estremamente generalizzante. Infatti, chi sostiene il sì afferma che è un passo vitale per il paese la sua vittoria, la quale ci traghetterà miracolosamente fuori dai problemi; invece, se dovesse vincere il no, il paese si troverebbe in uno stallo istituzionale a cui seguirebbe una grave stagnazione politica ed economica.

Tuttavia, coloro che promuovono il no, sostengono che non si rischia alcuno stallo istituzionale ed economico, nonostante concludano spesso le loro ragioni con l'affermazione che il no farà cadere Renzi. Oltretutto, essi affermano che solo la vittoria del no, si potrà tradurre in un radicale cambiamento. In più, sempre dalla stessa parte, si nega che la riforma permetterà un miglioramento delle condizioni generali e, invero, sottometterebbe il paese ad un autoritario potere esecutivo.

Perchè votare?!

Dunque, prevedendo questi epocali cambiamenti attraverso il referendum, non si fa altro che cercare di far leva sulle ansie e le preoccupazioni della gente, al fine di accaparrarsi voti per la propria fazione. Ma probabilmente, tutto questo, non farà altro che aumentare quel dato che all'inizio dell'articolo è stato riportato. Ora, personalmente sorge un quesito: "perchè votare? Cambierà qualcosa?"; e nonostante il voto sia un diritto e un dovere, ma non un obbligo, ha un reale valore se noi, popolo che consegna in delega il potere a dei rappresentanti, ci riconoscessimo in questa classe politica. Adesso, leggendo il testo che riporta le modifiche costituzionali, viene alla mente l'affermazione di Cicerone secondo la quale: "moltissime sono le leggi quando lo stato è corrotto".

Invece, ascoltando coloro che sostengono il no, con la loro fissazione con l'equazione vittoria no=caduta Renzi, sorge spontaneo il sospetto che in definitiva, il loro movente primo, sia la brama di poltrone. Dunque, in ultima analisi, diviene difficile rispondere alla domanda "perchè votare?" e forse, la soluzione migliore sarebbe di non farlo.

Concludo con l'affermazione emblematica di uno dei maggiori teorici della disobbedienza civile, Henry David Thoreau: "Deve il cittadino - anche solo per un istante, o in un minimo grado - affidare sempre la propria coscienza al legislatore? A quale scopo, allora, ogni uomo ha una coscienza?".