Polemica stucchevole a tre giorni dalla commemorazione del disastroso armistizio dell'8 settembre 1943, commemorato anche dal Consiglio regionale. Ancora una godibile canzone dei partigiani al centro dell'attenzione: quella Bella Ciao che da un ventennio è controversa.
Temi caldi e ironia volterriana
Sarebbe proprio il momento di una riappacificazione degli italiani, del doveroso riconoscimento che la lotta di liberazione contro i tedeschi è stata combattuta dall'anima cattolica, comunista e fascista della Resistenza, intesa come movimento di tutto il popolo italiano.
Eppure è bastato cancellare Bella Ciao (la canzone tradotta in 30 lingue e cantata in tutte le rivolte all over the world), dalla scaletta del concerto di chiusura della Sagra nazionale del peperone di Carmagnola, dove la Bennet assune personale a scaldare gli animi.
Vorrebbe dire che nemmeno sulle canzoni i faziosi delle idee politiche si mettono d'accordo, quando sembrava vicino il consenso sull'oblio dei morti fascisti e comunisti nella guerra civile italiana, durante la Seconda guerra mondiale. Sarebbe invece il momento di affrontare il periodo con ironia volterriana.
Per esempio, si sarebbe dovuto chiedere al CoroMoro, composto prevalentemente da voci di ragazzi di colore, se avrebbero piuttosto cantato 'Faccetta nera', l'inno alla colonizzazione italiana dell'Etiopia per avere una corretta visuale delle tendenze giovanili, utili per un orientamento politico futuro.
Certamente la querelle avrebbe avuto respiro internazionale, mentre ora sembra destinata a rimanere una polemica da parrocchia tra l'Associazione nazionale partigiani italiani e il vice sindaco di centro destra, Vincenzo Inglese che l'ha vietata. Con il sindaco Ivana Gaveglio, lo stesso Inglese che per la prossima edizione di Peperò ha annunciato.un nuovo logo disegnato da una ragazza brasiliana nata in Giappone.
Una canzone partigiana che, invece, non ha mai destato polemiche è Fischia il vento, composta sulle Alpi Marittime. Una delle pagine da dimenticare assolutamente nelle retorica militare italiana è sicuramente quella dell' 8 settembre 1943, quando il governo Badoglio all'insaputa del re firmò con gli angloamericani l'armistizio all'insaputa del re.
Un grave errore perché gli italiani si trovarono a combattere altre tre guerre con un esercito allo sbando, coadiuvato dai partigiani: la prima contro i tedeschi, la seconda tra fascisti e comunisti italiani, la terza per evitare il colpo di Stato comunista.
L'Italia libera
Dopo due anni, il 25 aprile del 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale diede l'ordine di insurrezione nazionale e la Penisola fu liberata completamente. Quindici anni di sano revisionismo storiografico hanno chiarito le idee e quai riappacificato gli animi.
Proprio ieri nel 1944, ai confini con la Svizzera, si instaurava il governo della Repubblica Partigiana dell'Ossola, la più nota delle Repubbliche Partigiane.
E dire che vecchia come quella su Bella Ciao è la polemica sull'inno nazionale italiano: se debba rimanere Fratelli d'Italia del patriota Goffredo Mameli o gli sia preferibile Va pensiero del compositore risorgimentale Giuseppe Verdi.
Comunque sia, ora i calciatori della Nazionale italiana, qualificata per il I Mondiali Russia 2018 lo cantano a differenza di vent'anni fa.
Lo hanno ricordato il presidente e il vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte, Mauro Laus e Nino Boeti, delegato al Comitato Resistenza e Costituzione. Entrambi erano alla deposizione delle corone al Sacrario della Resistenza al Cimitero monumentale di Torino in corso Novara e sulla lapide con i nomi dei quattrocento ebrei torinesi, vittime dell'Olocausto.
Sintetizza Boeti: 'Il ventennio fascista con le sue violenze si avviava finalmente verso la conclusione. E con esso l’alleanza con i nazisti. Rappresentò anche l’inizio della lotta resistenziale: venti mesi durante i quali gli italiani riscattarono l’orgoglio e la dignità perduti. Alcuni scelsero la Repubblica di Salò. Molti altri si schierarono dalla parte della giustizia, della democrazia, della libertà italiane'.