“I sogni son desideri racchiusi in fondo al cuor” cantava Cenerentola nella più bella delle fiabe in cui chiunque di noi si è immedesimato da piccolo o anche crescendo di età. Ma finché abbiamo una fata madrina che con un tocco di bacchetta magica rende tutto possibile in un attimo, la strada è senz’altro in discesa, ma nella realtà dei fatti non c’è topo che diventi cavallo o zucca che diventi carrozza, a meno che non spendiamo fino all’ultima goccia di sudore che abbiamo in corpo per raggiungere un obiettivo tanto agognato.
La vita non è una fiaba
Dunque la vita è tutt’altro che una fiaba o a volte può diventarlo e quale ambito migliore dello sport può essere depositario di sogni e segrete speranze “racchiusi in fondo al cuor”? Ne sanno qualcosa i tifosi in genere e, in particolare, quelli di Roma e Juventus che negli ultimi giorni hanno vissuto notti di passione e di speranze, nel primo caso esaudite, nel secondo disattese per quella che potremmo definire una “fatalità”, sebbene decretata dal libero arbitrio di un direttore di gara. Entrambe perdenti all’andata dei quarti di finale di Champions league con tre gol di scarto, rispettivamente contro i mostri sacri del Barcellona e del Real Madrid, con buona pace dei loro stessi supporters, increduli e poco fiduciosi di un eventuale recupero, nelle partite di ritorno sono andate oltre le loro stesse aspettative, oltre quella linea di confine tra l’imponderabile e l’inimmaginabile, in nome di un sogno che quando è grande ha la forza di un motore turbodiesel 6 cilindri, come un apecar contro una Ferrari che non ha apparentemente scampo, ma alla fine la spunta.
Un'impresa riuscita, l'altra sfiorata
E così la Roma ha steso il Barcellona con tre gol, assicurandosi una semifinale che mancava da più 30 anni e la Juventus ha sfiorato l’impresa al Santiago Bernabeu, dove nessuno mai aveva segnato tre reti, in una magia che minuto per minuto stava per compiersi, per lo meno con la possibilità di poter disputare dei tempi supplementari ampiamente guadagnati sul campo, fino a quel maledetto minuto 98’ dove l’incantesimo si è rotto e quel rigore non nettissimo assegnato al Real da tale Michael Oliver è stato come la “mezzanotte” di Cenerentola, un ritorno alla realtà, abiti sfarzosi ridiventati stracci, cavalli ritornati topi, la carrozza di nuovo zucca.
Lo sfogo di Gigi Buffon per una favola spezzata
E non c’è lieto fine che tenga perché quando Oliver ha espulso Gigi buffon, 20 anni di gloriosa carriera, mai un’espulsione per proteste, nella sua ultima probabile partita in Champions, a chi era sugli spalti e a chi seguiva da casa, è sembrato come se “l’orco cattivo” avesse “ucciso” l’eroe buono…l’entrata di Szczesny al posto dell’espulso numero 1 ed il rigore realizzato da Ronaldo hanno rappresentato il triste epilogo di una favola calcistica soltanto accarezzata, con una rete che ha spezzato inesorabilmente i sogni dei bianconeri.
Coloro che criticano lo sfogo finale di Gianluigi Buffon ai microfoni di varie testate tv, figlio di un momento negativo, frutto dell’emotività, alcuni tifosi, juventini compresi, forse non hanno mai visto sfumare un sogno o semplicemente un obiettivo in cui credevano molto, o forse ne hanno visti così tanti da essersene dimenticati. Le parole del portierone juventino sono quelle di chi ad un secondo dal traguardo, dopo aver macinato chilometri e sudore, dopo averci messo il cuore, la testa, le speranze, si è visto fare lo sgambetto e superare al photofinish; la rabbia di Gigi è quella di chi stava abbracciando un sogno e se lo è visto scivolare tra le mani nel modo più subdolo che potesse esserci.
Sfido chiunque a non aver mai provato una sensazione simile, a non essersi sentito mai ferito e dilaniato nel proprio orgoglio per un esame non superato, un colloquio lavorativo andato male, una storia d’amore finita.
Perdere un sogno: fragilità e inadeguatezza
Sono tante e diverse le sfumature dei sogni perduti, ma tutte hanno lo stesso sapore, quel gusto amaro di chi era ad un passo e non ce l’ha fatta per un nonnulla, quella sensazione dolorosa di aver dato tutto e aver raccolto niente, un vuoto che attanaglia l’anima e lascia delle cicatrici indelebili, perché al prossimo sogno da realizzare, se anche lo conducessimo a termine, ci porteremmo addosso per sempre quel senso di fragilità e inadeguatezza, compagno fedele delle nostre notti insonni che a volte può essere un peso, ma altre anche un vantaggio, perché in un mondo di automi e replicanti ci restituisce quella imprescindibile dimensione di umanità e autenticità dalle quali mai dovremmo allontanarci.