E' stato presentato in pompa magna come il concerto del secolo per il nostro Bel Paese, ed il risultato ha soddisfatto ampiamente le aspettative: bramato per mesi e guardato con sospetto dai consueti malpensanti, il concerto di Eminem del 7 luglio a Milano è stato un trionfo sotto ogni punto di vista, anche se probabilmente in pochi si sono fermati a riflettere sull'impronta che questo evento lascerà per sempre nella storia socio-politica italiana.

Prima dello scorso 7 luglio, in effetti, la prima ed unica immagine che avevamo di Eminem legata all’entertainment nostrano era quella di una baldanzosa Raffaella Carrà sul palco di Sanremo, nel 2001, che batteva le mani e ciondolava a ritmo, come se il rapper di Detroit (allora molto più arrabbiato di oggi) stesse eseguendo una rivisitazione Rap di “Maracaibo”, mentre un triste Enrico Papi s’improvvisava mattatore della serata senza esiti galvanizzanti.

I precedenti

All’epoca, l’idea che Eminem - il rapper più controverso, disgustoso, disobbediente e pericoloso del mondo – si esibisse in un qualsiasi palazzetto in giro per l’Italia, era un’ipotesi da scartare a priori, dal momento che non solo i sempreverdi movimenti cattolici più radicali, ma la stessa politica, si sarebbe mobilitata in massa per far desistere anche il più caparbio tra i promoter dal rendere possibile una scempiaggine di tale portata.

Si trattava, d’altronde, di un’Italia e di un mondo diverso. Non dimentichiamo che, subito dopo il crollo delle Twin Towers, l’idea che il mondo occidentale potesse magicamente ripulirsi dei propri vizi ed eccessi era un’idea considerata tutt’altro che buffa, e l’unico motivo per cui essa non fu messa in pratica è da ricercare nel bisogno primordiale insito nell’animo umano, e cioè quello di evadere e flirtare con la ribellione.

Nella sua stessa patria, gli Stati Uniti d’America, Eminem fu costretto ad una vita ai limiti della latitanza per anni, almeno fino a quando i suoi demoni personali non lo costrinsero a tirare il freno e a considerare una condotta di vita meno inquieta; Marshall Mathers, però, è figlio della strage di Columbine, cugino delle bombe in Kosovo lanciate da Clinton e fratello maggiore della polvere di Ground Zero, motivo per cui il suo nome sarà sempre accostato a quello di un periodo storico e di eventi che anche (e soprattutto) l’America attuale, quella repubblicana e pericolosamente conservatrice di Donald Trump, vorrebbe oscurare con un drappo nero.

Uno sguardo al futuro

Tuttavia, nonostante le ultime elezioni statunitensi e i recenti focolai xenofobi in Europa abbiano rallentato il normale evolversi della civiltà, sono le persone ad essere cambiate, coloro che davvero, spesso senza nemmeno rendersene conto, detengono il potere sul destino del mondo; ed è grazie al progresso umano, ancor prima che politico e burocratico, che un genio della musica del ventesimo secolo come Eminem è potuto finalmente salire sul palco in un paese tanto difficile come il nostro, ostaggio degli stereotipi e degli equivoci, del falso moralismo e della sommaria condanna.

E’ vero, come accennato prima, che se Eminem non fosse diventato l’uomo adulto che è oggi – ormai inoffensivo agli occhi dei suoi stessi detrattori -, forse il 7 luglio sarebbe stato un giorno come altri, e il palco di Rho sarebbe rimasto desolatamente vuoto; è altresì vero, però, che abituati come siamo al sottosviluppo ideologico, ieri sarebbe bastato il solo nome dell’ex rapper biondo a mandare in tilt politica e mezzi d’informazioni, con picchetti agguerriti davanti all’Area Expo e campagne mediatiche dai contorni apocalittici ad intasare l’etere.

Tutto questo inutile baccano, invece, non ha avuto luogo, ed il quarantacinquenne Eminem ha potuto donare ai suoi quasi centomila fans italiani quella che – utopisticamente – potremmo definire la nostra particolare Woodstock, dove la libertà di espressione ed il superamento del fastidioso provincialismo ha permesso a tutto quel pubblico sognante di vivere un’esperienza tanto pacifica quanto indimenticabile. Con l’augurio che il domani possa costruire su queste fondamenta.