Per chi crede ancora nel modello della democrazia pura, la trasparenza resta un diritto inviolabile di ogni cittadino innanzi alla classe politica. Peccato che in Italia non funzioni esattamente così. La trasparenza è sì una costante, ma rappresenta più che altro il cavallo di battaglia utilizzato in campagna elettorale da chi si propone come rottura con il passato. Ultimo esempio (ma solo in ordine meramente cronologico) è la leggerezza in cui è incappata la candidata a sindaco di Roma per il Movimento 5 Stelle, Virginia Raggi. Del suo curriculum (pubblicato online) di giovane e brillante avvocato era già venuta a galla un’omissione che qualche imbarazzo l’ha causato: il praticantato svolto nello studio di Cesare Previti.
A distanza di tempo e con una Raggi sempre più avanti nei sondaggi nella corsa al Campidoglio, ecco emergere una nuova lacuna: il ruolo di presidente del cda di una società (Hgr) amministrata da Gloria Rojo, fedelissima di Franco Panzironi, uomo di Alemanno coinvolto a vario titolo in Parentopoli e Mafia Capitale.
La questione morale
Diciamolo subito a scanso di equivoci: le esperienze professionali (specie se maturate in un chiaro contesto di crescita personale) non possono e non devono interferire con la credibilità politica di un candidato. L’accusa che la Raggi sia stata vicina a certi ambienti di destra sensibili al malaffare non equivale a dire che la Raggi sia concorrente con essi. Semmai il problema di fondo riguarda la questione morale che tocca tutti, nessuno escluso, nemmeno il Movimento 5 Stelle.
Il declino del nostro Paese comincia dalla degenerazione dei partiti per dirla alla Berlinguer, che hanno smesso di fare politica in favore di interessi personali. Niente di nuovo, dunque, se non fosse per il fatto che i cinquestelleda quando sono comparsi sulla scena politica, si sono autoproclamati portatori di una purezza inattaccabile.
Il caso Raggi, pur non sfiorando picchi di gravità rilevanti, è il chiaro segnale che qualcosa non funziona o che volutamente non deve funzionare.
Reazioni di facciata
Gli esponenti di punta del M5S hanno fatto quadrato intorno alla candidata romana, invocando lo stesso spirito giustizialista per gli altri partiti coinvolti in faccende ben più gravi (vedi il Pd con lo scoppio della grana Graziano in Campania).
Un atteggiamento che non rende onore e merito a chi si propone di ribaltare l’attuale sistema politico italiano. Gli unici sconfitti di questa vicenda sono i militanti grillini romani che, alla faccia della trasparenza, non hanno potuto disporre di tutte le informazioni relative al candidato Raggi all’atto delle Comunarie. “Le amnesie sul nero cominciano a essere troppe - ha attaccato il dem Stefano Esposito - da parte del candidato trasparente del M5S. Qualche parola di chiarezza sarebbe forse necessaria”. In soccorso della favorita alla poltrona a sindaco di Roma è arrivato addirittura Alemanno: “Qualsiasi collegamento tra il sottoscritto e la società (Hgr ndr) in cui ha operato la dottoressa Raggi è privo di fondamento”.