Ci siamo.
La campagna per le presidenziali americane, terminate le due convention che hanno promosso i contendenti Trump e Clinton, "l'atipico" e la "prima donna", comincia con il botto, roba d'altri tempi quando il pericolo sovietico aleggiava nell'immaginario della classe media USA: il complotto russo. La Clinton accusa esplicitamente i servizi russi di aver hackerato le mail (oltre 19.000 e con circa 8.000 allegati) del Democratic National Commitee per metterle a disposizione di WikiLeaks. Il tentativo sarebbe quello di sabotare il Comitato democratico e mettere la Clinton in cattiva luce.
L'effetto? Favorire indirettamente Trump che, d'altronde, non molla sull'altra questione del "emailgate" per il quale la candidata democratica è già stata ufficialmente ammonita dall'FBI anche se non incriminata.
Lo staff della Clinton prende le misure a Trump
Era evidente che la vicenda "emailgate" si presentasse come un notevole intralcio per la credibilità dell'ex first lady non solo sul piano morale (questione molto seria quando si tratta della presidenza degli Stati Uniti) ma anche su quello dell'autorevolezza della prima candidata donna alla Casa Bianca. Così, la violazione dei documenti del Comitato democratico potrebbe essere un ottimo argomento per ribaltare la questione ed accusare Trump di essere in combutta con Putin, l'arcinemico di un'America che in politica estera sembra avere poche idee e un po' confuse.
Chiamare a raccolta gli elettori in nome del patriottismo avrebbe la conseguenza non solo di mettere Trump sotto scacco ma anche di far loro dimenticare la vicenda della ex segretario di stato che trasmette da una mail non protetta notizie classificate, cioè riservate.
Ma Putin è davvero il nemico?
Trump ha già chiarito la sua volontà di procedere ad una profonda revisione della NATO e non ha mai nascosto l'idea che la Russia di Putin possa essere un partner importante per gli Stati Uniti.
Queste potrebbero in apparenza essere opinioni deflagranti per qualunque candidato, ma non per il repubblicano che sta modificando più profondamente di quanto si creda il grand old party, volente o nolente l'establishment del partito. Già, perchè non è detto che la maggior parte degli elettori non la pensino come lui: perchè tenere in piedi la NATO quando l'Europa può fare da sola?
E perchè bisogna prendersela con Putin quando assieme a lui è possibile sconfiggere i terroristi islamici e chissà quant'altro di buono per l'America? Ancora non si comprende quanto Trump reciti bene la sua parte: ha abbandonato la retorica novecentesca e parla con la voce di un'america "arrabbiata" che chiede di riavere il benessere perduto con la crisi.
La Clinton a caccia di voti repubblicani, Trump di quelli democratici
In realtà i due contendenti hanno capito che debbono invadere l'uno il campo dell'altro: la "prima donna" vuole i voti in uscita dal campo repubblicano, quelli dei moderati che non accettano il riformismo spinto di Trump; "l'atipico" invece cerca di intercettare i voti dei delusi democratici, quelli che si attendevano molto di più dagli otto anni di presidenza Obama.
Tuttavia, lo fanno in modo diverso. La Clinton punta su valori tradizionali, tenta di rassicurare l'elettorato e contestualmente ammicca molto a sinistra, laddove Sanders ha fatto breccia durante le primarie. Donald Trump è dirompente, ma non sono idee tutte sue: ha semplicemente trasformato in comunicazione elettorale il diffuso estremismo politico degli americani di questo tempo. E ne sta facendo un programma.
hillary clinton cerca un effetto positivo dal richiamo al patriottismo? Forse l'otterrà.
Ma la domanda è: come vedono oggi la loro patria gli americani che andranno al voto il prossimo novembre?