Comincia ad assumere proporzioni preoccupanti la rivolta interna al Partito Democratico. Matteo Renzi è sempre più accerchiato e si aggrappa ai suoi fedelissimi per tenere la nave al riparo da scogliere affilatissime. Secondo il segretario sta prendendo piede un disegno precostituito finalizzato a metterlo alla porta dopo soli pochi mesi dal plebiscito delle primarie. Fino a quando il suo principale antagonista è stato Massimo D’Alema, gli aspri conflitti interni si sono risolti in un muro contro muro che ha causato la scissione del blocco minoritario poi confluito in Mdp.

Oggi però il quadro è mutato in peggio perché, a portare il conto salatissimo al tavolo di Renzi, sono stati diversi esponenti che il Pd l’hanno costruito. Prodi, Veltroni, Franceschini, continuano a esercitare un potere interno importante capace di modificare equilibri cruciali. Le repliche al veleno del primo, l’appello solenne del secondo, la stoccata maligna del terzo, hanno fatto innalzare i sismografi del Nazareno al di sopra dei livelli guardia. Toccherà a Renzi recepire il messaggio e compiere quel fatidico passo indietro annunciato (nella campagna elettorale per la segreteria) e mai attuato del tutto. Se il PD non tornerà a essere un partito plurale svincolato dal personalismo del suo leader indiscusso, gli effetti del terremoto che ne deriverà saranno catastrofici.