Cercasi alleanze, più o meno consapevolmente. Il primo sprint da campagna elettorale ha regalato sussulti e qualche sorpresa. Con programmi ancora tutti da definire i partiti si stanno studiando a vicenda, finendo con il ritrovarsi spesso e volentieri sulla stessa rotta. Al momento non sono state ufficializzate alleanze tra forze politiche, nonostante esse rappresentino un requisito essenziale per toccare quota 40 per cento e conquistare il governo del Paese. Al riguardo l’asse di Centrodestra trainato da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia è il più avvantaggiato rispetto alla concorrenza.

Non può dire lo stesso il Partito Democratico che si è visto chiudere ripetutamente la porta in faccia dalle cosiddette alternative a Sinistra. Il conflitto tra renzismo e scissionisti, in particolare, si è rivelato uno scoglio ben più beffardo del previsto. La commissione d’inchiesta sulle banche (voluta dal PD), inoltre, non ha fatto altro che aumentare il bacino dei nemici destinando il partito di Renzi a una solitudine decisiva in ottica urne. Chi sembra essersi convinto della necessità di ricercare una sponda in Parlamento è il Movimento5Stelle. Luigi Di Maio, il candidato premier, è impegnato su due fronti: proseguire sulla strada dell’intransigenza smentendo qualsivoglia intesa e aprire post voto a tutte le forze politiche disponibili a votare la fiducia a un suo ipotetico governo.

Di Maio su due tavoli

L’ambiguità del giovane Di Maio è dettata dall’imprevedibilità del risultato elettorale. Il M5S è di sicuro l’unica forza in campo che può pensare di conquistare una maggioranza autonoma. Nel caso ciò non accadesse, tuttavia, sarebbe impensabile per i Cinquestelle presentarsi al Quirinale come primo partito e rifiutare l’appoggio esterno in Parlamento per formare un nuovo governo.

Per questo Di Maio, al contrario di quanto fatto in passato, non ha escluso l’ipotesi di aprire a una soluzione tecnica per arrivare a Palazzo Chigi. Già, ma chi sarebbero a quel punto i principali interlocutori? La soluzione immediata porterebbe a intrecciare il proprio cammino con Liberi e Uguali (Mdp, Possibile e Sinistra Italiana).

Pietro Grasso per curriculum e credibilità è un profilo che piace a Beppe Grillo, che lo avrebbe visto e bene anche in veste di Capo dello Stato. All’interno della Cosa Rossa, inoltre, vi sono diversi esponenti (vedi Pippo Civati) che hanno cercato già nel loro piccolo di creare convergenze con i Cinquestelle. Al di là delle dichiarazioni di chiusura rituali di Grasso ("L'obiettivo è riportare a casa chi ha votato M5S" ndr, la sensazione è che una base programmatica possa facilmente trovarsi.

Occhio alla Lega

Dando per assodata l’incompatibilità con Forza Italia e Partito Democratico (non fosse altro perché guidate dai nemici giurati Berlusconi e Renzi), il M5S potrebbe ammiccare alla Lega di Matteo Salvini.

I due partiti sono già molto vicini, più di quanto si voglia far credere. Basti pensare che la gigantesca macchina di propaganda grillina e leghista agisce prevalentemente sul web con gli stessi strumenti e con le medesime strategie. Al di là di ciò è sul piano politico che le similitudini vengono a galla, con buona pace delle dichiarazioni a effetto fornite dai diretti interessati. Solo ieri Salvini ha ribadito il suo no a un governo Spelacchio (prendendo spunto dalle vicissitudini dell’albero di Natale di Piazza Venezia a Roma ndr): “Escludo il nostro appoggio a un governo Di Maio, basta vedere Spelacchio per capire come governano la città”. A preoccupare il leader del Carroccio, per sua stessa ammissione, è la mancanza di coerenza a Cinquestelle: “Va bene cambiare idea, ma il M5S cambia idea continuamente”.

Dubbi che diventano timori sull’Europa: “O cambiano le regole o la nostra presenza non ha senso, ma il referendum sull’euro che vuole il M5S è una sciocchezza”. Parole replicate prontamente da Di Maio: “Ha detteo bene Salvini che ringrazio, non c'è nessun canale tra noi e la Lega”.