Un nuovo attacco suicida, rivendicato dai talebani, ha causato, a kabul, la morte di 103 civili e/o militari e il ferimento di altri 235, almeno secondo i dati ufficiali. L’azione è stata effettuata sabato mattina facendo saltare un’auto ambulanza piena di esplosivo nei pressi della sede dell'Alto Consiglio di pace, dopo aver superato indenne un primo posto di blocco.
L’ attacco talebano segue quello del 20 gennaio, sempre a Kabul, all’Hotel Intercontinental, frequentato in massima parte da stranieri. Qui, dopo che un kamikaze si è fatto esplodere all’entrata dell’albergo, quattro uomini sono entrati dentro, sparando su chiunque e lasciando sul terreno 43 morti.
Talebani a Kabul e Jihadisti a Jalalabad
Quattro giorni fa, a Jalalabad, un altro attacco terroristico, rivendicato dall’ISIS, è stato effettuato contro la sede dell’ong Save the Children. In questo caso, una vettura si è fatta saltare davanti all’ingresso dell’edificio; poi è entrato in azione un commando che ha assaltato la sede e, solo dopo circa dieci ore di combattimenti, le forze di sicurezza sono riuscite a liberare 48 ostaggi.
A Jalalabad hanno perso la vita tre operatori di Save the Children, un militare e cinque terroristi. L’assalto alla ong è stato motivato per essere questa una delle fondazioni facenti parte delle Nazioni Unite crociate che promuovono l’istruzione femminile e vogliono convertire i musulmani al cristianesimo.
Un triste risveglio per l’organizzazione che aveva sempre ritenuto un biglietto da visita di rispettabilità nelle aree disperate del terzo mondo proprio la sua qualifica di “non governativa”.
Russia e Iran dietro le quinte
La presenza di miliziani dell’ISIS nel territorio afghano si è andata accentuando negli ultimissimi mesi ed è il risultato della caduta delle roccaforti siriane e irachene dello Stato islamico, di Rakka e Mosul.
Pur condividendo con i talebani il fine dell’istituzione della Shariah islamica, l’ISIS non è un movimento nazionalista ma propugna la guerra santa globale. Gli scontri tra le due fazioni, infatti, non sono affatto inesistenti.
Quel che colpisce è l’effetto-domino di tale situazione nello scacchiere mondiale, sotto il profilo del più ampio gioco delle grandi potenze.
Come riportato nei mesi scorsi dalla CNN e dal Daily Mail ed esplicitamente reso noto dal governo di Kabul, i talebani sono continuamente riforniti di armi leggere da parte della Russia. L’accusa non è stata smentita dall’inviato di Putin in Afghanistan, Zamir Kabulov, il quale ha sostenuto che il rifornimento di armi russe ai talebani è finalizzato proprio al contenimento delle infiltrazioni e delle azioni dell’ISIS in Asia centrale e nel Caucaso.
L’appoggio russo ai talebani sunniti e già stato preceduto da quello dell’Iran sciita, le cui linee strategiche, in Siria, coincidono con quelle di Mosca. I talebani afghani, infatti, si oppongono alla presenza statunitense e occidentale e, poiché gli Stati Uniti di Trump considerano l’Iran il proprio nemico numero uno, Teheran sta facendo propria la massima secondo cui “i nemici del mio nemico sono miei amici”.
Cinesi in Pakistan con buona pace di Trump
La guerra al terrorismo islamico, in Afghanistan, è messa in crisi proprio dal nuovo corso muscolare della diplomazia di Donald Trump. Oltre al muro contro muro con Teheran e all’incapacità di relazionarsi con Mosca, le recenti esternazioni del presidente americano stanno rovinando i rapporti storici tra gli Stati Uniti e la nazione che, strategicamente, è indispensabile a Washington per ogni azione contro il terrorismo nell’area: il Pakistan.
Trump, infatti, ha recentemente accusato il Pakistan di non combattere affatto il terrorismo nei propri confini (Al Qaeda) ma, anzi, di dargli assistenza. Ciò ha determinato, formalmente, la convocazione dell’ambasciatore USA, con richiesta di spiegazioni da parte di Islamabad.
Al di là delle espressioni formali, tuttavia, sembra evidente, alle cancellerie occidentali, lo scivolamento anche del Pakistan verso Mosca e – sul piano economico – verso Pechino. Con tutto ciò che ne segue sotto il profilo della lotta al terrorismo e della globalizzazione economica.