Nella campagna elettorale più anonima della storia della Repubblica, non vi è dubbio che lo spettro del fascismo abbia acquisito un ruolo centrale nel dibattito politico. I fatti di cronaca abbinati all’offerta sempre più crescente di partiti estremisti e negazionisti hanno fatto il resto. Pur non potendo aspirare probabilmente ad assicurarsi un seggio in Parlamento, casapound è la forza che più di altre ha calamitato svariate accuse. Il leader e candidato premier, Simone Di Stefano, ha avuto modo di far accrescere la sua popolarità nei vari salotti televisivi che lo hanno accolto senza porsi minimamente il problema di cosa rappresenti oggi.
Un’apertura talmente palese che ha spinto lo stesso Di Stefano a proporsi come alleato per un possibile governo a guida Matteo Salvini. Il segretario della Lega prima si è detto disponibile ad ascoltarlo, poi ha dovuto cancellare sul nascere l’ipotesi di un’intesa su pressione di Silvio Berlusconi che ha voluto così rassicurare l’elettorato moderato. Casapound forse oggi non rappresenta una minaccia per i suoi risibili consensi, ma guai a sottovalutarne l’avanzata in una fase storica dominata dall’incertezza e dalla crisi economica.