Non abbiamo un governo e non lo avremo a breve, almeno se si punta ad un esecutivo che sia espressione di ciò che gli italiani hanno votato lo scorso 4 marzo. Di maggioranze in parlamento neppure a parlarne, soprattutto adesso che la posizione del PD è coerente con ciò che le urne hanno sentenziato. Non ci saranno larghe intese o 'inciuci', con buona pace di chi le elezioni le ha realmente vinte (il M5S) e di chi racconta ai propri elettori di averle vinte (Matteo Salvini). Il Carroccio ha comunque ottenuto un risultato storico ed è diventato il traino della coalizione di centrodestra, ma più che una corazzata quest'ultima è un colosso d'argilla e basta poco per sgretolarne le fragili fondamenta.

Salvini si rassegni, non sarà premier perché non ha i numeri per diventarlo e gli italiani non gli hanno dato alcun mandato. La sua unica possibilità di diventare una forza di governo è quella di stringere un'intesa con il Movimento 5 Stelle, parecchio rischiosa perché basata solo sulla reciproca convenienza. Se la nave affonda, Luigi Di Maio è quello che corre meno pericoli politici. La Lega, al contrario, avrebbe sfaldato inutilmente l'unica certezza che consente al suo leader di fare la voce grossa. Matteo Salvini ne è consapevole.

L'ultima 'stoccata' di Matteo Renzi

Il 'rottamatore' non ha avuto una lunga parabola politica e quella andata in scena lo scorso 4 marzo è stata la cronaca di una sconfitta annunciata.

Matteo Renzi avrà mille difetti, ma non quello della coerenza. In occasione del Referendum Costituzionale aveva preannunciato le sue dimissioni dalla presidenza del Consiglio dei ministri ed è stato di parola, oggi alla luce del flop elettorale conferma che il PD sarà una forza d'opposizione. “M5S e centrodestra hanno vinto le elezioni, tocca a loro fare il governo”.

L'ex premier si è fatto da parte lasciando anche la segreteria del suo partito e, nel contempo, ha piazzato l'ultima stoccata agli avversari politici, come dire 'governino se hanno la maggioranza per farlo'. Ed anche senza Renzi, la linea del PD sembra immutata: l'attuale reggente, Maurizio Martina, non si è distaccato di una virgola confermando che il suo partito non farà accordi con nessuno.

Cari Di Maio e Salvini, i cittadini vi hanno votato per governare e, dunque, prendetevi le vostre responsabilità e fatelo. Il tempo della propaganda è finito”.

L'attesa di Di Maio

Si è preso qualche giorno di vacanza ed ha fatto anche in tempo a riempire le pagine del gossip dopo essere stato avvistato in Sicilia in dolce compagnia di Giovanna Melodia, vice presidente del consiglio comunale di Alcamo e punto di forza del movimento in provincia di Trapani. Qualche giorno di relax, ma anche di attesa: Luigi Di Maio, a differenza di Salvini, non ha bisogno di intrecciare metaforici cesti di vimini per dare l'illusione di essere una forza di maggioranza perché gli bastano i consensi avuti dal M5S.

Il leader pentastellato non ha coalizioni sfilacciate da tenere unite e, pertanto, guarda con fiducia al primo banco di prova: le elezioni dei presidenti di Camera e Senato che si terranno il 23 marzo. Dalle sue ultime dichiarazioni, trapela l'intenzione di tentare un approccio discreto con le forze del centrodestra: gli scranni più alti delle Camere dovrebbero andare, pertanto, uno ai 5 Stelle ed uno al centrodestra. Su questo riteniamo ci si possa accordare, il governo è ben altro discorso.

Salvini-Berlusconi: la strana coppia

Sull'altro fronte, nonostante sia diventata il motore della coalizione di centrodestra, la Lega non può fare a meno di Forza Italia, ma nemmeno degli altri partiti. Dalle dichiarazioni degli ultimi giorni sembra quasi che Salvini e Silvio Berlusconi stiamo prendendo atto di quanto inesistente, se non per fini elettorali, sia la loro intesa.

Il cavaliere ha rimarcato che il PD dovrebbe farsi carico della responsabilità di sostenere il governo di centrodestra, escludendo di fatto l'indiscrezione di creare un partito unico con la Lega. “Alleati, ma con valori diversi”, ha puntualizzato il leader di Forza Italia. La risposta di Salvini non si è fatta attendere: “Non siamo stati votati per riportare Renzi al governo e se non possiamo realizzare il nostro programma non andremo mai al governo”. Il segretario del Carroccio ha però minimizzato le distanze evidenti con Berlusconi, anticipando che si vedranno presto faccia a faccia. Su una cosa le due anime del centrodestra si trovano d'accordo, almeno per il momento: non ci sarà alcuna collaborazione con il M5S.

Mille nomi per un governo transitorio

Alla luce di questo scenario e della logica incontrovertibile dei numeri, non sono molte le soluzioni che restano al Capo dello Stato nel momento in cui, si spera entro la fine di marzo, saranno avviate le consultazioni. Sergio Mattarella in realtà, perdurando questo stato di cose, ha un'unica soluzione: quella di varare un esecutivo d'emergenza sul cui premier o garante che dir si voglia ci sia la convergenza di tutte le forze politiche. Un governo che si occupi dell'ordinaria amministrazione con la fiducia del parlamento. Dunque governo di garanzia, di scopo, del Presidente, di responsabilità... mille nomi per un governo transitorio che traghetti in Paese verso nuove elezioni.

Serve una nuova legge elettorale

Alla luce di quanto ottenuto grazie al famigerato Rosatellum, sarebbe innanzitutto il caso di mettere mano ad una nuova riforma elettorale, ma qui c'è il rischio che muoia Sansone con tutti i Filistei. Perché sarebbe comunque il parlamento a dare il bene placet alla nuova legge e ci si trova dinanzi a centinaia di nuovi deputati o senatori ben consapevoli che, in tal modo, decreterebbero l'inizio della fine per le loro poltrone. Alla fine, per una vera riforma elettorale occorre una vera legislatura e quella attuale, comunque vada, sembra proprio una palese impostura. Però è anche vero che un nuovo esecutivo poggia esclusivamente sulla fiducia delle Camere e se questa viene accordata, non svanisce dall'oggi al domani.

Prova ne sono gli ultimi tre governi di centrosinistra che hanno retto grazie ad una maggioranza allargata. Non ci rimane che attendere le prossime settimane per scoprire se quella del M5S è davvero una vittoria di Pirro e se la coalizione di centrodestra è davvero in grado di rimanere tale. Quanto al PD, diamo atto ai vertici di una sacrosanta verità: le responsabilità di un governo ricadono sulle spalle di chi vince le elezioni; stare all'opposizione è molto più semplice. Di Maio e Salvini, probabilmente, iniziano a rendersene conto.