Renzi è assente, come anticipato nei giorni scorsi, ma la sua presenza resta comunque una costante di cui la Direzione Pd non riesce a fare a meno. E' ancora fresca la scoppola post elezioni 4 marzo e ancora forti le tensioni interne al Partito Democratico, diviso fra chi è pronto a smarcarsi dall'ex Segretario e chi ancora è saldamente al fianco di Renzi. Dimissioni reali o posticipate a questo punto è chiara la direzione di rinnovamento presa dal partito rispetto all'ultima fase della stagione renziana.
La novità della Direzione Pd di ieri è che sicuramente anche i più fedeli fra i renziani iniziano a differenziare le loro posizioni pur garantendo un sostanziale allineamento a quella desiderata che lo stesso Renzi ha espresso nei giorni scorsi.
Lo si capisce scorrendo gli interventi della Direzione Pd. Diretta non prevista come era comprensibile, visto il delicato momento vissuto dal centrosinistra, ma i rumors e gli attenti resoconti che si sono susseguiti nel corso di tutta la giornata hanno permesso di seguire ampiamente i lavori della Direzione Pd. Cosa hanno detto nel corso delle decine di interventi i dirigenti che si sono succeduti al podio dei relatori, può essere così riassunto: no ad alleanze Pd M5s e no ad accordi con quelli che Renzi definisce "gli estremisti".
Pur tuttavia la stagione congressuale non sarà così rapida come probabilmente lo stesso Renzi auspicava. Quando si terranno le primarie Pd è un tema di cui pochi sono ansiosi di parlare - a parte Emiliano - perchè tutti al momento sono d'accordo nel ritenere che l'obiettivo di medio termine - oltre a seguire gli sviluppi attorno all'accordo Lega M5s - sia quello di ricucire gli strappi consumatisi all'interno del partito.
Renzi ha ancora i numeri per controllare il Partito
Che Matteo Renzi non volesse uscire di scena lo si è capito fin dalle ore seguenti allo spoglio elettorale e la conferma è arrivata ieri mattina. Il Corriere intervista Renzi nel giorno dell'Assemblea e apre di fatto la giornata politica non solo del Pd. Il messaggio ribadito nella enews del pomeriggio rilanciata dall'ex segretario è "mi dimetto ma non mollo".
Il terreno per confermare la linea e la presa sul partito si sposterà nei prossimi giorni in Parlamento quando verranno decisi i nuovi capigruppo di Camera e Senato. I numeri sono saldamente in mano ai renziani ma le scelte diranno molto della linea che l'ex segretario vorrà tenere: assedio o dialogo con la minoranza?
C'è da registrare, per gli amanti della contabilità dei voti che vogliono sapere come hanno votato i componenti della Direzione Pd, che la linea di Renzi è stata approvata con la sola astensione di nove componenti che i ben informati riconducono alla corrente minoritaria di Michele Emiliano.
In tutto nove voti soltanto, che risultano troppo pochi perfino per convincere il pur critico ministro della giustizia Andrea Orlando a sconfessare la linea Renzi.
Il post Renzi ha il nome di Maurizio Martina
Così il nuovo "traghettatore" Maurizio Martina, reggente la segreteria fino al prossimo congresso, esce con un mandato che si preannuncia difficile, viste le fratture profonde scavate nella comunità del Pd dopo i deludenti risultati del voto. Da domani il nuovo ruolo, assunto su mandato della Direzione, porterà l'attuale titolare delle Politiche agricole sul territorio a provare a rimettere insieme i cocci di un partito che rischia di autoconsumarsi, vittima delle lotte intestine che lo attraversano e che riparte dalle parole d'ordine di "collegialità" e "mai con i 5 stelle".
Le prossime settimane diranno se queste direttrici politiche saranno sufficienti a risollevare il Partito e scrivere una nuova pagina senza la guida di Matteo Renzi o se invece segneranno la definitiva chiusura di una stagione politica per la sinistra italiana.