Nel primo pomeriggio del giorno successivo agli exit poll la prima voce sulle presunte dimissioni di Matteo Renzi, segretario del Partito Democratico. L'ex sindaco di Firenze aveva scherzato sulla notte di spogli elettorali dicendo ai suoi più stretti collaboratori: "Se ne esco vivo, andrà bene". Ora, i risultati delle elezioni parlano chiaro: ne è uscito vivo, ma sicuramente malconcio. Il Pd è di fatti arrivato terzo, dopo la coalizione di centrodestra, formata da Salvini e Berlusconi, e il Movimento Cinque Stelle. Il movimento con premier Di Maio sarebbe di fatto, almeno per la percentuale di voti ottenuta, presentandosi da solo, primo partito.

Di fatto, manca una maggioranza netta per formare il governo. Si aspetta quindi la decisione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che avrà l'arduo compito di nominare il premier che, dalla lettura totale degli spogli, risulterà aver ottenuto il maggior numero di voti ed essersi quindi aggiudicato la più ampia fetta di fiducia da parte degli italiani.

La soglia del 20% non è stata superata dal PD, con una perdita di più della metà di elettori e seggi rispetto a quel 40% raggiunto alle elezioni del 2014. Passando dalle percentuali ai numeri, più di 3 milioni di persone hanno sbarrato una croce differente da quella del centrosinistra. Solo alle regionali si segnala una vittoria: nel Lazio ha primeggiato la coalizione che vede come suo presidente l'uscente Zingaretti.

Nelle elezioni nazionali, sia alla Camera che al Senato della Repubblica, la sconfitta è netta malgrado quanto aveva sperato prima delle elezioni Delrio.

All'interno del PD la discussione sulle strategie del dopo elezioni procede non senza critiche e accuse a chi ha già governato e non ha fatto abbastanza per vincere le elezioni.

Dopo la pesante sconfitta del Partito Democratico, sembra ormai evidente che il finale della rapida ascesa politica di Matteo Renzi preveda la rottamazione proprio di colui che tanto aveva puntato sul ricambio parlamentare.

La sua parola d'ordine è indietro: come scrive in un lungo post, il segretario del Pd non intende muovere al cosiddetto "inciucio" né con la Destra né tanto meno con i pentastellati.

L'unico ruolo che riserva per sé, d'ora in poi, è quello di parlamentare all'opposizione: eppure le sue dimissioni, annunciate ma non ancora presentate ufficialmente, lascerebbero presagire ulteriori sviluppi. Renzi lascerà la segreteria soltanto dopo la formazione del Governo e le primarie: non si tira indietro, malgrado ogni polemica, al confronto con le altre voci del Partito Democratico. E allora, chi raccoglierà l'eredità di Renzi e scriverà una nuova pagina del Pd?