Non se ne abbia a male Gino Paoli se citiamo una sua celebre canzone. Del resto la 'questione governo' in Italia è talmente ripetitiva e scontata da oltre due mesi che per tirar fuori qualcosa di nuovo dobbiamo cercare spunti atipici. Però i 'Quattro amici' del cantautore di Monfalcone in questo caso sono soltanto due e definirli 'amici' è piuttosto forzato come termine. Dunque 'quasi amici' va bene, lasciamo intatto anche il 'bar' perché in fin dei conti tra dichiarazioni contrastanti che si danno il cambio di ora in ora e guazzabugli mediatici sui social, siamo vicini parenti delle chiacchiere del medesimo.
Luigi Di Maio e Matteo Salvini però non vogliono cambiare il mondo, ma solo l'Italia, almeno per il momento. Se queste sono le premesse, ci può stare anche un vecchio ed abusato adagio, del tipo 'si stava meglio quando si stava peggio'. Sebbene talvolta sia più poetica la finzione musicale, siamo costretti a tornare alla realtà: il 14 maggio doveva essere il giorno del governo, in verità anche il 13 maggio o, forse, un giorno prima. I leader di M5S e Lega si erano dati appuntamento per trovare il fantomatico accordo e, al di là dei proclami che entrambi non hanno risparmiato nemmeno tra una tavolata e l'altra, non ci sembra di vedere significative varianti. Dunque, i due (quasi) amici ieri sono andati a riferire al Presidente della Repubblica il punto delle trattative: doveva essere il giorno del premier, visto che in merito ai programmi era stata dichiarata una condivisione quasi totale alla quale andavano aggiunti punti e virgole, ed invece è stato chiesto a Sergio Mattarella un ulteriore tempo supplementare.
Vista la monotonia dei precedenti, verrebbe da dire 'svegliateci quando tirano i calci di rigore'.
Stallo sul premier
Che non sarebbe stato facile trovare un premier terzo era evidente. Però, pur con tutta la buona volontà e la fiducia nei due (quasi) amici, non possiamo non esprimere perplessità. Anche perché entrambi non riescono proprio a tacere dinanzi ad un microfono anche quando hanno poco o nulla di dire.
Ricapitolando, siamo passati da "premier? Un solo nome e sarà un politico" (dichiarato da Di Maio), all'indicazione di due premier tecnici soltanto poche ore dopo. Nello specifico, Salvini ha fatto il nome dell'economista Giulio Sapelli, mentre i Cinque Stelle hanno risposto con l'avvocato Giuseppe Conte: entrambi bocciati dalle rispettive controparti.
Nella giornata di domenica 13 maggio aveva preso quota la possibilità che Di Maio rivendicasse per sé la presidenza del Consiglio. Questa tesi l'avevamo sussurrata anche noi, se non altro perché in un confronto tra M5S e Lega, il primo è il partito di maggioranza relativa. A quanto pare, il giovane leader pentastellato avrebbe calato sul tavolo anche il nome del compagno di tante battaglie, Alessandro Di Battista. Ma Salvini sa bene che, dinanzi a queste opzioni che potrebbe accettare solo per disperazione o per stanchezza, rischierebbe davvero di rompere con il redivivo e ri-candidabile Silvio Berlusconi. Torniamo però a ribadire che di personalità politiche nell'immaginario paniere giallo-verde non ne abbiamo poi tante o, per essere più precisi, non ne abbiamo in grado di soddisfare i canoni pentastellati e la necessità di Salvini di rendere conto al quartier generale del centrodestra.
Tant'è che alla fine entrambi hanno espresso un condiviso “non facciamo nomi”, ma l'impressione è che davvero abbiamo esaurito le rispettive rose.
Vedute diverse su temi e programmi
Il nodo da sciogliere è dunque legato al premier? Fino a ieri mattina sembrava di si, ma dall'intervento di Salvini al Quirinale sono stati evidenziati anche altri problemi su temi e programmi. Strano, eppure qualcuno (sempre Di Maio) aveva detto che mancavano solo "le virgole ed i punti". Nel bel mezzo della punteggiatura, però, il segretario del Carroccio ha deciso di inserire qualche congiunzione. Salvini ha citato "visioni diverse" su temi importanti quali "giustizia ed infrastrutture" ed ha toccato due argomenti a lui cari come la ridiscussione dei trattati europei oltre alla pretesa di avere "mano libera sui migranti", aggiungendo infine "se non siamo in grado di fare ciò che gli italiani ci chiedono di fare ci salutiamo.
Se dessi retta ai sondaggi, non avrei dubbi sul tornare al voto". Di Maio si mostra più conciliante, del resto tra i due è quello più diplomatico. "Stiamo scrivendo un programma di governo per cinque anni, chiediamo ancora qualche giorno". E relativamente alla resa di conti in Quirinale, aggiunge che si tratta della "prima consultazione che facciamo dopo l'intesa". Sorgono spontanee un paio di domande: quale intesa? Alla luce delle parole di Salvini, il presunto perfetto feeling post-Pirellone non è esattamente la verità. Poi Di Maio parla anche di "prima consultazione", ci risulta che ieri doveva essere comunicato il nome del premier ed aggiunte le famose virgole, invece la fumata è stata nerissima.
Ad ogni modo l'overtime è stato concesso, ma riteniamo scontato che Mattarella fischi la fine entro pochi giorni, qualunque sia il risultato.
Alleanze, contratti e consultazioni online
Eppure sembrava tutto così lineare: M5S e Lega cercano punti di incontro, quest'ultima cerca di tenere a freno l'ombra lunga del Cavaliere. In realtà lo scontro su chi terrà lo scettro di governo è più aspro del previsto e nel momento in cui Di Maio ha tentato timidamente (o con forza, non lo sapremo mai) di rivendicarlo per sé o per un esponente del Movimento, sull'altro fronte è stata chiusa la saracinesca. Quella di Salvini, ma anche quella degli alleati: la posizione di Berlusconi è nota, Giorgia Meloni si schiera dalla parte del leader di Forza Italia ribadendo un secco 'no' ad un esecutivo a guida pentastellata.
Ma se la Lega nel sottoscrivere i punti del famoso contratto per il 'governo del cambiamento' deve rendere conto agli alleati o, addirittura, rappresentarli - "sono in questa veste da leader della coalizione di centrodestra", ha detto Salvini - il M5S chiederà pure il parere ai propri iscritti sulla piattaforma Rousseau per decidere “se il governo dovrà partire”. Iniziativa popolare che trova sulla stessa lunghezza d'onda anche il Carroccio che propone i gazebo nelle piazze per chiedere ad iscritti e simpatizzanti un parere sulla possibile intesa di governo. Dunque altri giocatori in questi supplementari, anzi un intero stadio, tanto per guadagnare tempo. In fondo la prossima settimana saranno trascorsi 'soltanto' 80 giorni dalle elezioni del 4 marzo. Con la speranza che uno dei due (quasi) amici non rimanga da solo al bar...