A partire dalla mezzanotte di domenica 12 gennaio è scattata la tregua tra le milizie fedeli al governo di Tripoli, presieduto da Fayez Al Sarraj e l’esercito del generale Khalifa Haftar. Alla fine, Haftar ha accettato di riporre temporaneamente le armi, ma non di ritirarsi dai territori occupati con la sua recente escalation. Inoltre, fonti di Bengasi vicine ad Haftar hanno affermato che, in caso di violazione dal campo avverso, le reazioni saranno dure.

Quest’ultima dichiarazione è analoga a quella pronunciata da Al Sarraj nei giorni scorsi. Nell’accettare il cessate il fuoco, infatti, Tripoli si era detta pronta a “una dura rappresaglia” in caso di mancato rispetto della stessa da parte di Bengasi.

A tregua scattata, Sarraj ha invitato il suo avversario e i Paesi stranieri coinvolti nella crisi a una trattativa di pace sotto l’egida Onu. Inoltre ha proposto una conferenza nazionale di tutti i libici, in vista della prossima conferenza di Berlino sulla guerra civile del paese nordafricano.

Come è noto, Sarraj è apertamente appoggiato dalla Turchia che ha anche inviato alcune truppe in suo appoggio sul terreno. Haftar, invece, è sponsorizzato dalla Russia e dall’Egitto con l’invio di alcuni mercenari e la vendita di armi e droni. In maniera più sotterranea anche dalla Francia.

I due avversari della guerra in Libia ricevuti a Palazzo Chigi nei giorni scorsi

L’appello alla tregua fu lanciato l’8 gennaio scorso, a Mosca, in conclusione dell’incontro tra Vladimir Putin e il presidente turco Erdogan.

Tuttavia, mentre il governo di Tripoli lo aveva accettato pressoché immediatamente, per il sì di Haftar si sono dovute attendere altre 72 ore. Nel frattempo la diplomazia e le cancellerie occidentali si sono mosse intensamente.

Il 9 gennaio si è svolta l’iniziativa del governo italiano. Il premier Giuseppe Conte, infatti, aveva fissato un incontro a Palazzo Chigi sia con Haftar che con Al Sarraj.

In giornata, si è svolto solo il primo. Al Sarraj, infatti, quando ha saputo che sarebbe stato ricevuto dopo il suo avversario ha preferito non presentarsi. Dietro le insistenze di Conte, tuttavia, l’incontro con il presidente libico si è svolto sabato, quando Al Sarraj è stato ricevuto con tutti gli onori e il picchetto militare.

E’ stato in tale occasione che Al Sarraj ha espresso la condizione del ritiro dell’esercito di Haftar per una tregua duratura. A latere, si è trattato dei debiti accumulati nei confronti del governo libico dalle società italiane operanti in Libia a partire dal 2014. Infine, Conte si è sentito telefonicamente sul tema della crisi con il presidente francese Emmanuel Macron.

Le iniziative del ministero degli Esteri per l’avvio dei negoziati per la crisi in Libia

Per quanto riguarda l’Italia, altre iniziative diplomatiche sono state intraprese dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Già durante le feste natalizie, in previsione dell’allestimento di una conferenza tra tutte le parti in causa a fine gennaio, a Berlino, Di Maio si era recato in Libia.

Qui aveva prima incontrato Al Sarraj a Tripoli. Poi è proseguito per Bengasi per incontrare Haftar. Infine si è diretto a Tobruk per un colloquio con il Presidente del parlamento libico che appoggia Haftar.

Qualche giorno fa, il nostro ministro si è anche incontrato con l’omologo turco Mevlut Cavusoglu. I due avevano convenuto che alla conferenza di Berlino avrebbero dovuto partecipare altri paesi, oltre che le due parti in causa. Tra questi: Italia, Russia, Turchia e i paesi limitrofi alla Libia. La prima dei paesi limitrofi a esprimere parere favorevole è stata l’Algeria. Inoltre, mentre Conte incontrava Al Sarraj, Di Maio è stato impegnato nel Consiglio dei ministri degli Esteri Ue. A Bruxelles, per le sue iniziative diplomatiche ha ricevuto il ringraziamento della cancelliera Angela Merkel.

Il Consiglio ha ribadito la necessità dell’applicazione dell’embargo sulle armi, in Libia, disatteso da Erdogan e da altri Stati arabi ed europei.

La Ue punta al vertice di Berlino per una soluzione negoziata della crisi. Il summit è indicativamente calendarizzato per la fine di gennaio ma, in caso di assenza di uno soltanto degli attori coinvolti, non avrebbe esito positivo. Per questo la cancelliera Merkel, in qualità di padrona di casa, si recherà nei prossimi giorni ad Ankara per convincere Erdogan a dare la sua adesione.