Il caso Paragone scuote il M5S e la Politica italiana. La cacciata del senatore dal Movimento, decisa il 1° gennaio dal collegio dei probiviri pentastellati, ha scatenato in primo luogo la furiosa reazione dell’ex direttore de La Padania il quale, in un video pubblicato sul suo profilo Facebook, ha annunciato di non volersi arrendere e di essere pronto persino a ricorrere alle vie legali contro Grillo, Casaleggio e Di Maio. E la solidarietà dimostrata nei suoi confronti da Alessandro Di Battista non ha fatto altro che acuire le tensioni tra i grillini.

Il quotidiano Repubblica, ad esempio, titola a lettere cubitali: “Di Maio rompe con Di Battista: Non siamo un’anarchia”. In attesa di conferme o smentite a questa versione, anche Vittorio Feltri passa all’offensiva. Il direttore di Libero critica Gianluigi Paragone per non essersi accorto che il M5S è soltanto una “cloaca piena di escrementi”.

Vittorio Feltri contro Gianluigi Paragone: entrato nel M5S perché ‘non aveva niente di meglio da fare’

Vittorio Feltri si dimostra spietato nei confronti del collega giornalista, Gianluigi Paragone, in un editoriale pubblicato su Libero venerdì 3 gennaio. Secondo il fondatore del quotidiano, il senatore non dovrebbe affatto stupirsi di essere stato cacciato perché, chiosa Feltri, “quando si inserì nel bordello cinquestelle non credo si aspettasse di entrare nel Rotary”.

Uno dei decani del giornalismo italiano ironizza sul fatto che Paragone fosse a conoscenza che il leader del M5S fosse già Di Maio, bollato come un “ex bibitaro catapultato al vertice di un movimento fondato sul vaf...”. Giudizio durissimo anche quello espresso contro Beppe Grillo, definito sprezzantemente come un “simpaticone che sta alla politica” come lui sta alla “musica da camera”.

Paragone si è fidato di un ‘magliaro’ come Di Maio

L’opinione di Vittorio Feltri è che Paragone, non avendo “niente di meglio da fare”, decise di farsi cooptare dal M5S. “Deve aver pensato: meglio parlamentare che disoccupato”, così Feltri prova a scavare nelle intenzioni del senatore ormai ex pentastellato. Il direttore di Libero ripercorre, a modo suo, la breve carriera politica di Gianluigi Paragone, “retrocesso da ballerino di prima fila alle zone oscure del palcoscenico”.

Fatto che lo avrebbe indotto a cambiare atteggiamento nei confronti dei vertici pentastellati, fino ad arrivare alla rottura definitiva consumatasi in queste ore. “Si accorse che Di Maio è bravo soltanto quando recita nel ruolo di fanfarone - così ricostruisce i fatti - e rapidamente si stufò di averci a che fare”.

Ma il suo più grande errore, prosegue nella sua invettiva Feltri, sarebbe stato quello di cedere “all’incanto stellato, scambiandolo come un firmamento salvifico”, senza rendersi conto invece che “si trattava di una cloaca piena di escrementi”. Il torto più grave di cui si sarebbe macchiato il senatore, conclude però Feltri, è quello di essersi fidato di un “magliaro” come Di Maio, mentre avrebbe fatto bene a “restare nella Lega”.