Agostino Miozzo, dirigente della Protezione Civile e medico, è il coordinatore del Comitato tecnico-scientifico che sta gestendo l'emergenza Covid. Intervistato da Corrado Zunino di Repubblica, ha fornito risposte su alcuni interrogativi che sono sorti in relazione agli ultimi fatti d'attualità.

Coronavirus: dossier e verbali sempre oggetto di discussione

Hanno fatto molto discutere nelle ultime due settimane due aspetti legati a verbali e dossier sul Coronavirus. Uno riguarda i verbali secretati, molti dei quali ormai messi a disposizione della collettività e consultabili.

In particolare nei giorni scorsi è emersa la presenza di un dossier con data 12 febbraio in cui il matematico Stefano Merler della Fondazione Kessler anticipava i numeri in relazione a una possibile diffusione del virus. Con tanto di possibili affanni del sistema sanitario. Le polemiche sono nate poiché, considerato il lockdown arrivato il 9 marzo, ci sarebbe stato forse il tempo per prepararsi meglio allo tsunami sanitario.

"Non abbiamo secretato nulla - fa sapere Miozzo - il Cts non ne aveva il potere. Abbiamo chiesto grande riservatezza. Quel lavoro, nello scenario peggiore, parlava di 600-800.000 contagiati se l'Italia non si fosse fermata. Il rapporto avrebbe gettato un Paese nel panico e con una saggezza che rivendico il Comitato ha chiesto di fare il possibile per non farlo arrivare alla stampa".

Covid: Miozzo racconta la pressione dei giorni drammatici

Gli si chiede se al 7 febbraio, quando il Cts si riunì, esisteva un piano pandemico. L'ammissione di Miozzo è chiara: "No. Questa è stata la grande debolezza del Ministero ella Salute. Non esisteva una previsione di mascherine necessarie, posti letto da liberare".

Quelle sono solo un paio di tutte quelle criticità con cui, evidentemente, il Cts è stato chiamato a confrontarsi.

Si ricorderà come nei giorni del lockdown ci fosse grande difficoltà nel reperire dispositivi di protezione personale. Problema che, a giudicare dalle parole di Miozzo, nasceva dall'assenza di un piano che avrebbe determinato una richiesta di forniture superiore in una fase in cui, a livello internazionale, non era ancora esplosa la pandemia.

Provvedimento dopo provvedimento, perciò, si è arrivati a costruire una strategia di contenimento e difesa dal coronavirus. Quello era il periodo in cui si facevano i tamponi solo ai sintomatici. Oggi c'è la motivazione. "Mancavano - rivela Miozzo - i reagenti, una di quelle che cose un Piano pandemico avrebbe dovuto prevedere. Limitare i tamponi era una scelta obbligata". A ciò si aggiungono ovviamente le difficoltà nel reperire dispositivi di protezione personale. "Niente" ammette Miozzo. "Una FFP2, una chirurgica. Da piangere". Ricorda, inoltre, come in quei giorni provò a sdoganare il concetto di mascherina di comunità per preservare quelle professionali per medici ed infermieri. In tal senso invitava le persone ad utilizzare "barriere facciali" di fortuna come sciarpe, foulard o fasce.

"Il Paese - chiosa - era nudo e noi abbiamo dovuto fare le cose all'italiana. Con il fiatone". Una conclusione a cui aggiunge la scelta di lavorare unicamente nell'interesse degli italiani senza farsi influenzare da qualsiasi tipo di ingerenza.