Matteo Bassetti è uno dei medici più in vista nell'emergenza Coronavirus. L'infettivologo non ha mai nascosto la sua volontà di mettere un freno all'allarmismo dilagante. Questo ha fatto si che gli sia piovuta addosso qualche critica anche da parte dei colleghi. Il riferimento va a circostanze soprattutto estive, quando il sanitario del San Martino di Genova chiedeva di mettere da parte il terrore per fare campagne di sensibilizzazione verso la popolazione. In quella stessa fase ricordava come quella quiete che il Sars-Cov2 stava regalando doveva diventare una fase proficua al fine di prepararsi all' inverno.
"Ho passato mesi - ha detto a Il Giornale - a chiedere di attrezzarci. Non è stato fatto". "Certa stampa - ha proseguito - mi ha ammazzato". Il medico ha ammesso che, nel momento in cui tutta questa situazione sarà arrivata al suo epilogo, provvederà a riflettere su ciò che è accaduto.
Coronavirus: arriva la seconda ondata
Il grande timore di Matteo Bassetti era che la gente, allarmata da una comunicazione schizzofrenica, in inverno potesse riversarsi negli ospedali. Questo avrebbe comportato un grave rischio ai fini della propagazione del virus e del sovraccarico per gli ospedali. Oltre ad attrezzarsi, infatti secondo Bassetti nei mesi estivi andava spiegato alla gente che l'infezione da Covid, nella stragrande maggioranza dei casi, si poteva gestire a casa.
"Non è stato fatto", commenta amaramente Bassetti. "Si è detto alle persone che era un virus devastante, che dà complicazioni e che finiranno intubati e così, non appena qualcuno ha un sintomo, corre in ospedale a farsi curare".
Bassetti scontro il modo in cui viene affrontata la questione coronavirus
Rispetto a ciò che andrebbe fatto da ora in avanti,Matteo Bassetti specifica la necessità di interventi chirurgici sul fronte delle restrizioni.
L'invito fatto dal medico è evitare misure generalizzate. "Il risultato del lockdown - spiega - c'è stato, ma dobbiamo mettere tutto sulla bilancia". E poi ancora focus sul modo di comunicare i dati: "Non possiamo però fare sei/otto mesi con bollettini e racconti di catastrofi".
Il realismo impone a Bassetti di sottolineare che ci saranno altri decessi, ma si lascia andare anche ad un'altra considerazione: " La notizia alla fine è sempre quanti sono i morti e nessuno guarda mai quanti sono i guariti".
Si tratterebbe, a suo avviso, di un modo di informare che non aiuterà gli italiani, che avrebbero bisogno di una speranza.