Riccardo Riccò, ex corridore oggi 37enne che, in passato, è stato una delle promesse più importanti per il Ciclismo italiano, è stato inibito a vita dal Tribunale antidoping. A comunicare la notizia, diffusa nella giornata di ieri, è stata la Nado (Organizzazione Nazionale Antidoping). Riccardo, prima della squalifica odierna, era già considerato a tutti gli effetti un ex ciclista: il ragazzo, infatti, doveva scontare una squalifica di 12 anni, che si sarebbe dovuta concludere nel 2024. Per questo motivo, Riccò attualmente risulta essere già un non tesserato.

Oltre a essere stato inibito, Riccò è stato condannato anche al pagamento di una multa di 4mila euro e delle spese legali.

Nel 2008 la prima positività a un controllo antidoping

Le grane giudiziarie per Riccò iniziarono nel 2008. All'epoca, il corridore azzurro era considerato da tutti come una promessa del panorama ciclistico italiano. In quell'anno, infatti, si mise in luce per le doti di scalatore, vincendo tre tappe del Giro d'Italia (dove indossò anche la maglia bianca di miglior giovane) e due nel Tour de France, dove riuscì anche a guadagnare la prestigiosa maglia a pois, dedicata al miglior scalatore. In queste tappe, Riccò riuscì a staccare numerosi campioni delle due ruote, tra cui Valverde e Contador.

Ben presto, però, questa bella favola del ciclismo si trasformò in un incubo. Durante un controllo antidoping, infatti, il corridore venne trovato positivo all'epo e venne sospeso. In seguito a tale scoperta, Riccardo venne scaricato dai tifosi e dal suo team dell'epoca.

Nel 2011 Riccò fu costretto a un ricovero in seguito a un tentativo di emotrasfusione

Venti mesi dopo la positività, Riccò tornò nel mondo del ciclismo. Ben presto, però, la carriera del ciclista andò incontro a un'altra squalifica, questa volta definitiva. La notte del 6 febbraio del 2011, infatti, Riccò fu costretto a ricorrere alle cure ospedaliere in seguito alla manifestazione di febbre altissima e di un blocco renale.

L'azzurro venne ricoverato nella clinica di Baggiovara in condizioni gravi, accompagnato dalla madre in uno stato di choc. Una volta qui, Riccò svelò al medico che lo stava soccorrendo le cause del suo malessere: aveva tentato una emotrasfusione.

All'epoca aveva 28 anni e, a causa di questo evento, la sua carriera professionistica di fatto si concluse. Il Tribunale, infatti, gli inflisse una condanna a 12 anni di squalifica. L'inibizione a vita è arrivata in seguito a una inchiesta risalente al periodo tra il 2015 e il 2017 per commercio illegale di sostanze o metodi vietati. Attualmente, Riccò gestisce una gelateria a Vignola, in Emilia Romagna e, con il provvedimento odierno, potrà mettere per sempre una pietra sopra alla sua carriera (travagliata) da ciclista.