Venticinque anni fa a Parigi è stata adottata la Convenzione ONU per la lotta alla desertificazione, un fenomeno che ad oggi interessa più di cento Paesi nel Mondo, che minaccia la sopravvivenza di circa un miliardo di persone e che comporta le catastrofi naturali a bassa intensità ma di lunga durata che stanno coinvolgendo intere regioni del mondo compresa l’Europa.

Un anno fa il Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha dichiarato la piena emergenza e da allora è stato presentato un Piano Nazionale energia e Clima insufficiente, il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici è fermo al 2017 e la legge contro il consumo di suolo è ben lontana dall’essere approvata.

L’Italia dimostra ancora una volta di essere indietro rispetto all’evoluzione che la natura sta portando avanti e mentre nel nostro Paese continuiamo ad attendere provvedimenti seri e tempestivi, l’ultimo atlante sulla desertificazione, elaborato dal Joint Research Centre dell’UE, mostra tredici Stati membri a rischio (Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia, Italia, Lettonia, Malta, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria), che corrispondono all’8% del territorio europeo e cioè a 14 milioni di ettari.

Nello specifico, un quinto del nostro stivale è a rischio desertificazione, come lo è un terzo del territorio greco; entrambi a causa dei cambiamenti climatici che stanno comportando prolungati periodi di siccità, e del progressivo consumo del suolo e della mancata valorizzazione dell’attività agricola nelle aree più difficili.

Come ha ricordato Christos Zerefos, avvocato accademico dell'Agenzia di stampa ateniese-macedone, il problema è conosciuto da almeno settant’anni e il primo a parlarne e a descrivere il fenomeno della desertificazione fu Aristotele nel suo libro “Meteorologia”, in cui si domandava come fosse il deserto del Sahara e si interrogava sui grandi cambiamenti climatici.

Cosa indicano gli studi delle Nazioni Unite

Secondo le Nazioni Unite, che hanno individuato il 17 giugno come la giornata globale per affrontare il fenomeno, sono centinaia i paesi nel mondo a rischio desertificazione. Gli studi dimostrano che entro il 2025 oltre 1,8 miliardi di persone si troveranno a dover affrontare il problema della carenza totale di acqua, mentre due terzi del pianeta vivranno con l'esaurimento delle scorte.

La desertificazione inoltre, causerà più morti di qualsiasi altro disastro naturale e oltre 135 milioni di persone saranno costrette a lasciare le loro case a causa di questo fenomeno.

È successo anche in passato

Anche nel passato ci sono stati periodi prolungati di siccità: nell'età del rame che, secondo alcuni studiosi è durata trenta anni, mentre secondi altri addirittura trecento. Poi vi ne è stata un’altra intorno al 100 D.C., un’altra in epoca medievale e più di recente, nel 1970, quando è stato lanciato l’allarme siccità nel nord-ovest dell'Africa, allarme che ancora oggi è in corso. Da quell’area si sono spostati i primi rifugiati ecologici a causa dalla siccità del deserto esteso a Savannah.

Rispetto al passato però c’è una differenza significativa: la velocità con cui il fenomeno si manifesta di cui l'uomo ha un ruolo primario. Secondo Christos Zerefos, avvocato accademico dell'Agenzia di stampa ateniese-macedone, l'uomo è responsabile dei cambiamenti climatici per il 30% al 35% e se rimane inerte, senza fare nulla, diverrà responsabile per il 70%-80%.

Coldiretti proprio in questi giorni ha spiegato che a causa dei cambiamenti climatici, oltre alla desertificazione, in Italia entro la fine del secolo assisteremo ad un aumento delle temperature tra i 3 ed i 6 gradi, che sarà accompagnato da precipitazioni violente e alternate a periodi di aridità, causando così gravi danni all’agricoltura. Cosa a cui stiamo già assistendo se si pensa che nell’ultimo decennio l’agricoltura ha subito danni per più di 14 miliardi di euro.