Secondo i magistrati che a Torino conducono l’inchiesta ‘Alto Piemonte’, alcuni presunti esponenti della ‘ndrangheta legati ai clan calabresi Pesce e Bellocco avrebbero fondato un gruppo ultras, ‘I Gobbi’, allo scopo di mettere le mani sul lucroso bagarinaggio dei biglietti dello Juventus Stadium. Il 1° luglio sono finite in manette 18 persone tra cui Saverio Dominello e il figlio Rocco. I sospetti dei pm ricadono anche su alcuni dirigenti bianconeri come Alessandro D’Angelo, security manager della società sabauda e vecchio amico di Andrea agnelli.

Lo stesso Agnelli, nel luglio scorso, ha recapitato alla procura una memoria di 7 pagine (depositata nei giorni scorsi tra gli atti di chiusura indagine) in cui denuncia la “silente pressione” subita da persone capaci di “porre in essere comportamenti violenti”.

Agnelli smentisce ma non convince

Il presidente juventino Andrea Agnelli, in carica dal 2010, ha dunque confermato indirettamente le tesi accusatorie dei pm antimafia di Torino Monica Abbatecola e Paolo Toso, convinti che la ‘ndrangheta calabrese abbia messo le mani nel business dei biglietti dello Juventus Stadium concessi illegalmente ad alcuni esponenti della curva bianconera. Agnelli ribadisce, al contrario, che i tagliandi siano stati venduti a norma di legge e conferma di aver delegato il difficile rapporto con i gruppi ultras all’amico D’Angelo il cui compito, scrive il nipote di Umberto, “comporta necessariamente il contatto con personaggi particolari”.

Individui che, prosegue Agnelli, esercitano una “silente pressione, dovuta alla capacità ampiamente dimostrata in passato di porre in essere comportamenti violenti”.

Il presidente juventino descrive la capacità di condizionamento che si materializzerebbe in richieste di “chiarimenti con i giocatori e altri eventi simili e anche più gravi”, tenendo, di fatto, la società sotto ricatto con il rischio della responsabilità oggettiva.

Agnelli, comunque, assolve l’operato suo, del dg Giuseppe Marotta e di D’Angelo perché la vendita dei biglietti “è stata fatta avendo in mente esclusivamente l’obiettivo di disinnescare potenziali tensioni create dagli ultrà sull’evento gara, sulla squadra o più in generale sull’ordine pubblico”. Le considerazioni finali sono, comunque, amare perché, conclude Agnelli, “il mantenimento dell’ordine pubblico soggiace a volte a delle necessità che, pur malvolentieri accettate, perseguono uno scopo primario: appunto il mantenimento dell’ordine pubblico”.