Un nuovo lutto nel mondo del calcio italiano, dopo la morte del capitano della Fiorentina Davide Astori. È morto questa mattina, dopo una lotta contro il cancro durata più di sette anni emiliano mondonico, ex giocatore di Serie A negli anni '70 e storico allenatore di Cremonese, Atalanta, Torino e Fiorentina. Ci lascia uno degli ultimi esponenti del calcio che molti rimpiangono, quello dove al fianco di classe e preparazione metteva rabbia e tanto cuore.

Ci ha lasciato una vera e propria icona di quel calcio romantico che non c'è più, da molti definita 'a pane e salame'.

Quello che, da giovane giocatore di serie A si faceva squalificare per non perdersi il concerto dei Rolling Stones, ma che da allenatore riuscì a lanciare campioni del calibro di Gianluca Vialli alla Cremonese o Gianluigi Lentini al Torino.

L'ultimo a far diventare grandi in Europa le provinciali

Da allenatore non era uno da top team, il suo habitat naturale erano le squadre di provincia o le grandi nobili decadute. Uno di quelli che riuscivano a trasmettere grinta, passione e spirito di corpo ai ragazzi che allenava, trasformando i suoi spogliatoi in brigate allegre ma, al tempo stesso, determinate a conseguire gli obiettivi più importanti.

Per ben due volte in carriera arrivò ad un passo dalla conquista di una coppa europea, portando l'Atalanta in semifinale di Coppa Coppe alla fine degli anni ottanta, e sfiorando una clamorosa vittoria nella tragica e mitica al tempo stesso finale di Coppa Uefa con il Torino nel 1992.

Era la famosa partita della sedia alzata verso il cielo, la cui immagine, ancora adesso, viene utilizzata per raccontare 'chi era il Mondo'. La alzò in aria per protestare contro l'arbitro, all'ennesimo rigore negato che costò alla sua squadra non solo una Coppa prestigiosa, ma il coronamento di una impresa esaltante, dopo aver eliminato in una epica semifinale il Real Madrid dei grandi campioni.

Negli ultimi anni aveva abbandonato la carriera da allenatore, per lottare contro quel tumore all'addome che alla fine lo ha vinto. Ma non aveva smesso do vivere in maniera coerente con quel suo carattere buono e vicino ai più deboli. All'attività di commentatore sportivo, infatti, affiancava l'attività di allenatore per i giocatori lombardi che si trovavano senza contratto e, collaborando con alcune associazioni di volontariato, si dedicava agli ex alcolisti e tossicodipendenti.

Lascia la moglie e due amatissime figlie, ma il suo ricordo rimarrà impresso per sempre non solo nel cuore dei tifosi delle squadre con le quali ha lavorato, ma in quello di tutti gli amanti di quel calcio romantico e ruspante che oramai non c'è più.