Si ritorna a parlare dell'abolizione del valore legale della laurea. Un tema piuttosto 'caro' alla maggioranza dell'attuale governo. Come è noto, il M5S ne ha fatto un cardine del suo programma, mentre i leghisti la propongono dai tempi - ormai lontani - in cui il leader era Umberto Bossi (sicuro che i titoli di studio conseguiti al Sud valessero, almeno sulla carta, più di quelli ottenuti nelle regioni del Nord Italia).

Abolire il valore legale della laurea

Punto irrinunciabile per il M5S, ora, l'abolizione del valore legale del titolo di studio, può diventare realtà in seguito alla nuova proposta di legge firmata Maria Pallini.

La deputata del MoVimento, nel testo presentato lo scorso luglio, ha chiesto che nei bandi dei Concorsi Pubblici non venga più inserito come requisito il voto di laurea.

In molti si domandano cosa significa, in concreto, abolire il valore legale della laurea. La risposta è semplice: in seguito al provvedimento, in sede di concorso pubblico, il titolo di studio ed il voto conseguito non produrranno più alcun effetto sulla valutazione. La proposta è stata accolta con perplessità nel mondo della scuola: se conterà solo il titolo di studio ottenuto prima degli anni universitari non ci sarà 110 e lode che tenga. E, per questo, c'è già chi accusa i pentastellati di volere cancellare i meriti dei neolaureati.

In proposito, è intervenuta la firmataria della proposta di legge. Maria Pallini ha ribadito che l'obiettivo del M5S è quello di consentire a tutti i laureati, a prescindere dal voto di laurea ottenuto, la possibilità di accedere ai concorsi pubblici. La deputata, inoltre, ha precisato che la meritocrazia non è a rischio in quanto non si esclude la possibilità di introdurre l’attribuzione di un punteggio a seconda del voto ricevuto.

Battaglia storica di Lega e M5S

I pentastellati sostengono l'abolizione del valore legale della laurea perché sono convinti che, nei bandi di concorso pubblici, il requisito minimo del voto di laurea tenda ad escludere a priori e senza motivazione reale una parte degli aventi diritto.

Tuttavia, la questione del valore legale della laurea non è nuova e ha sempre sollevato polemiche più o meno motivate. Come ricorda il quotidiano Il Messaggero, la battaglia è storica: nel 2013 il deputato leghista Paolo Grimoldi, chiedeva, in una proposta di legge, l’abolizione tout court del valore legale dei titoli di studio.

In quel caso, la ratio era quella di 'eliminare un meccanismo perverso che non premiava i più meritevoli, ma coloro che potevano contare su votazioni più alte (ricevute magari in istituti poco attenti a valutare la preparazione effettiva degli studenti)'.

Qualche anno prima, il 4 ottobre 2009, Beppe Grillo, intervenendo al Teatro Smeraldo di Milano aveva provocato il suo pubblico dicendo: 'Abolizione del valore legale dei titoli di studio, forse qui non sarete d'accordo, ma penso che ne potremmo discutere'.