Quota 100 chiuderà il 2021 dimezzata, con una spesa stimata in 9 miliardi in meno rispetto a quella preventivata, ma dal 2022 servirà una riforma delle Pensioni che possa dare una risposta a quanti avrebbero potuto uscire con la misura del primo governo Conte raggiungendone i requisiti e invece dovranno attendere la pensione di vecchiaia o accumulare i requisiti per la pensione anticipata. Un ritardo che, in primis per i nati nel 1960, potrebbe protrarsi di cinque anni fino al 2027, salvo ulteriori incrementi dettati dalla speranza di vita. Risorse per gli strumenti previdenziali potrebbero giungere proprio dai risparmi di quota 100, soprattutto per arrivare a misure come gli scivoli pensionistici e i meccanismi di uscita flessibile suggeriti dall'Inps con ricalcolo dei versamenti mediante il sistema contributivo.

Pensioni, Salvini e la riforma quota 41: 'Non si può tornare alla Fornero'

Ma il 2022 non dovrebbe essere l'anno delle pensioni a quota 41 per tutti. Quella che nella riforma Salvini-M5S del primo governo Conte avrebbe dovuto prendere il posto di quota 100 al termine dei tre anni di sperimentazione, appare una strada impraticabile, almeno fin da subito. Non perché l'idea sia stata abbandonata da Matteo Salvini che, proprio nei giorni scorsi, avevo messo in guardia il governo da un possibile ritorno integrale ai requisiti della riforma Fornero: "Dopo un anno di Covid, di morte, di sofferenza e di paura - ha chiarito il leader leghista - con 500mila posti di lavoro già persi e migliaia di aziende chiuse, con almeno 2 milioni di donne e uomini che rischiano il posto di lavoro non si può certo alzare l’età per andare in pensione".

Ma, anzi, rilanciandola e asserendo che "all'Italia serve andare verso quota 41", ovvero garantire l'uscita dei lavoratori che abbiano raggiunto la soglia degli anni di contributi indipendentemente dall'età anagrafica.

Dopo quota 100, Durigon spegne le aspettative su pensioni quota 41 dal 2022: 'Prima scivoli pensionistici'

Fatto sta che il tema delle pensioni sta gradualmente accendendo gli animi all'interno della maggioranza di governo soprattutto in seguito all'esclusione della quota 100 dalla versione finale del Pnrr.

Dopo vari solleciti, arrivati anche dai sindacati nei giorni scorsi, nella giornata di ieri è giunta la risposta del ministro del Lavoro Andrea Orlando il quale ha chiarito che il capitolo del lavoro e della riforma degli ammortizzatori sociali ha la priorità ma che adesso "ci sono le condizioni per un confronto sul tema della previdenza".

Anche perché le riflessioni sulla riforma previdenziale sono state già riavviate sul piano tecnico con le proposte di intervento - ultime tra le quali quelle suggerite dall'Inps e dai sindacati - pervenute nei giorni scorsi per garantire "equità generazionale, adeguatezza e sostenibilità". A togliere le castagne dal fuoco ha provveduto Claudio Durigon, sottosegretario all'Economia, che ha ribadito l'obiettivo di arrivare alla quota 41 per tutti, pur ammettendo che ad oggi non ci sono le condizioni ideali per adottare dal 2022 questa misura. "Non siamo pronti oggi per la vera riforma che avevamo previsto alla fine della quota 100 e con la famosa quota 41", ha affermato Durigon, pur aggiungendo che "vanno trovati strumenti e scivoli per permettere alle aziende di riorganizzare la propria attività e ai giovani per dare risposte sul lavoro".

Pensioni Inps con uscita 5 anni prima, la riforma Draghi potrebbe allargare la platea nel 2022

Proprio gli scivoli pensionistici - insieme alla proposta dell'Inps di uscita a 62-63 anni con il meccanismo di calcolo contributivo della futura pensione - rappresentano le novità che si stanno facendo largo in tema di uscita anticipata e di alternativa al licenziamento una volta che verranno tolti i blocchi confermati dal decreto "Sostegni". Inoltre, sembrerebbero essere graditi a Draghi come strumento di flessibilità per i lavoratori in uscita/entrata dal/nel mondo del lavoro con un costo tutto sommato contenuto. Già l'ultimo governo Conte aveva puntato maggiori aspettative nella legge di Bilancio 2021 ai contratti di espansione, ovvero proprio alle misure che consentono di andare in pensione con un anticipo di 60 mesi sulla pensione di vecchiaia o su quella anticipata.

Nel corso dei mesi lo strumento si sta rivelando l'alternativa ai licenziamenti e alle esigenze di pensionamento anticipato dei lavoratori, con il ricorso all'indennità di disoccupazione Naspi in soccorso dei datori di lavoro rispetto agli oneri di uscita. La legge di Bilancio 2022 potrebbe maggiormente indebolire i requisiti di accesso allo strumento allargandone progressivamente la platea: attualmente prevista per le imprese con almeno 250 dipendenti, dal prossimo anno si potrebbe abbassare l'asticella anche alle aziende con 100 o 150 unità e un costo marginale stimato in 600/800 milioni di euro.

Riforma pensioni, proposta Inps di dividere assegno in due quote: uscita a 62-63 anni col contributivo

Da ultima, in ordine cronologico, anche la proposta di revisione delle pensioni del presidente Inps Pasquale Tridico che ha dato la disponibilità dell'Istituto previdenziale a dividere le pensioni in due quote, quella contributiva ottenibile a partire dai 62-63 anni e quella retributiva con decorrenza fissata a 67 anni, l'età della pensione di vecchiaia. Dunque una forma di anticipo pensionistico limitato ai 4-5 anni che dividono gli ultrasessantenni dall'età della vecchiaia e che rappresenterebbe la formula di flessibilità richiesta soprattutto dai sindacati per i lavoratori che desiderino andare in pensione prima pur rinunciando a una parte di assegno mensile.