La notizia, accolta nel silenzio quasi generale degli altri media, l’ha data ieri, 14 giugno, l’Huffington Post: il bilancio 2016 del Pd è stato chiuso con una perdita di quasi 9,5 milioni di euro, per l’esattezza 9 milioni 465mila e 745 euro. Nelle casse del Nazareno, poi, sono rimasti solo 1 milione e 721.470 euro. La disastrosa relazione, presentata dal tesoriere Francesco Bonifazi, è stata approvata dalla direzione nazionale Dem meno ‘televisiva’ della storia recente. Un confronto impietoso con il bilancio dell’anno precedente, il 2015, che si era chiuso con un più 730 mila euro e con una disponibilità di denaro liquido di ben 9 milioni 826.773 euro.

Tutta colpa del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, perso ignominiosamente dopo che il segretario Matteo Renzi aveva deciso di giocarsi tutte le sue fiches.

I numeri disastrosi del bilancio Pd 2016

È lo stesso documento presentato da Bonifazi alla direzione Pd ad ammettere candidamente i “maggiori esborsi” sopportati nel 2016 per far fronte a “spese per campagne elettorali”. Un totale di circa 11,6 milioni, a cui vanno aggiunti 763mila euro di spese generiche e quasi 2 milioni provenienti dalle casse dei gruppi parlamentari. In tutto circa 14 milioni di euro bruciati per il referendum (quasi tutti) e per le elezioni amministrative (quasi niente).

Fine del finanziamento pubblico uguale fine del Pd?

Come accennato, il confronto con il 2015 è quasi imbarazzante. Ma il buco è dovuto anche al fatto, evidentemente non tenuto in conto dai responsabili della tesoreria, che il finanziamento pubblico ai partiti va assottigliandosi di anno in anno, fino a sparire del tutto nel 2017.

La rincorsa affannosa dell’ex premier Renzi ad una improbabile vittoria nel referendum, ha costretto il partito a pagare profumatamente il presunto guru Jim Messina, decine di eventi pubblici, e una campagna porta a porta che, tra lettere e volantini, si è portata via 7 milioni di euro.

L’unico modo per far fronte a questa picchiata che potrebbe portare il Pd verso il fallimento, sembra essere rimasto quello di rivalersi sui lavoratori del Nazareno.

I tagli nei confronti dei 184 dipendenti sono già iniziati. Per non parlare del quasi certo mancato salvataggio dell’Unità. Non è possibile nemmeno immaginare, infatti, di coprire i buchi di bilancio con il 2 per mille o con i contributi parlamentari. La mangiatoia del finanziamento pubblico ai partiti è ormai vuota. E a niente serve la supercazzola recitata da Bonifazi, il quale afferma candidamente che la "gestione caratteristica" del bilancio sarebbe "virtuosa", e la prospettiva di rientrare dalla perdita è certificata per il 2017-2018.