Dopo essere stato approvato in prima lettura al Senato, il disegno di legge sulla diffamazione, firmato dal ministro appena dimessosi Enrico Costa, da quattro anni non riesce a raggiungere alla Camera la sua definitiva conversione in legge. Il motivo è presto detto: i dubbi e le critiche nei confronti di un provvedimento che si ripromette di far scomparire dal web i contenuti ritenuti sgraditi e diffamatori, avanzando una semplice richiesta al Garante della privacy e senza passare nemmeno da un tribunale. Nonostante le accuse di voler mettere il bavaglio a internet, la casta non demorde e ci riprova.

È notizia di oggi, pubblicata dal Fatto Quotidiano, che la senatrice del Pd Rosanna Filippin ha presentato un emendamento al ddl Costa in commissione Giustizia di Montecitorio. La Filippin, in accordo con Ncd, FI e Lega, ripropone il diritto di chiedere anche ai motori di ricerca la cancellazione di contenuti ritenuti diffamatori.

Il contenuto dell’emendamento Filippin

Dando per scontato il diritto di chiedere la rettifica del contenuto degli articoli ritenuti lesivi dei propri diritti - recita il testo dell’emendamento Filippin - il querelante può avanzare nei confronti del titolare del sito, del blog o del gestore del motore di ricerca, la richiesta di eliminare o di sottrarre all’indicizzazione i contenuti e i dati personali pubblicati violando la nuova legge”.

In pratica, se questa proposta dovesse divenire legge dello Stato, a pagare il prezzo più alto sarebbero i blogger e le piccole testate, ai quali non basterebbe più rettificare una notizia giudicata falsa o diffamatoria. Bisognerà cancellarla totalmente da siti, archivi e motori di ricerca, pena azioni legali dai costi insostenibili.

Le reazioni

In contrasto con le conclusioni dell’emendamento Filippin, il Fatto cita l’opinione di tre personalità: il defunto costituzionalista Stefano Rodotà, il segretario dell’associazione ‘Ossigeno per l’informazione’ Giuseppe Federico Mennella e la senatrice di Mdp Lucrezia Ricchiuti. L’ex Garante della privacy Rodotà, recentemente scomparso, due anni fa aveva definito il contenuto del ddl Costa e l’eventuale ricorso al bavaglio per il web come un “pericolo per la democrazia”.

Mennella è responsabile di un’associazione che cerca di sostenere i giornalisti italiani vittime di intimidazioni e minacce, non solo da parte dei criminali, ma anche dei potenti attraverso l’arma delle querele e delle insostenibili richieste di risarcimento danni. Mennella si chiede polemicamente a chi spetti stabilire se le notizie siano realmente false se non si dovrà più ricorrere ad un giudice. Naturalmente questo meccanismo, se approvato, sfavorirà i piccoli, costretti ad eliminare le notizie ‘scomode’ o a chiudere direttamente per non rischiare conseguenze ancora più pesanti. Più o meno dello stesso parere si dimostra Lucrezia Ricchiuti, senatrice ex Pd ora con i bersaniani. Secondo Ricchiuti l’emendamento Filippin rappresenta “il cavallo di Troia per abbattere il diritto di cronaca”.