Giancarlo Cancellieri insidia Nello Musumeci, tradotto in parole povere è duello M5S-Centrodestra per la presidenza della Regione Siciliana e la maggioranza dei seggi all'ARS. Il centrosinistra spaccato affonda e per il momento sembrerebbe non pagare la scelta del Pd di affidarsi al 'carneade', politicamente parlando, Fabrizio Micari. Il dato emerge dalla previsione Demos elaborata in base ad un sondaggio che ha preso a campione 1.000 elettori siciliani.
Il sondaggio Demos
Pertanto, in base all'ultimo sondaggio Demos, il candidato di Fratelli d'Italia, Forza Italia, Udc, Noi con Salvini, Popolari ed Autonomisti-Idea Sicilia e 'Diventerà Bellissima', Nello Musumeci, potrebbe raggiungere il 35,5 per cento delle preferenze alle Elezjoni Regionali Siciliane del prossimo 5 novembre.
Alle sue spalle, staccato di poco più di due punti percentuale c'è il candidato del Movimento 5 Stelle, Giancarlo Cancellieri (33,2). Fabrizio Micari, espressione di PD, Ap-Centristi per Micari, Micari Presidente, Pdr Sicilia futura, non arriva al 16 per cento (15,7) mentre Claudio Fava sostenuto della lista 'Cento Passi per la Sicilia' (Mdp, Sinistra Italiana, Rifondazione Comunista e Verdi) sarebbe al 13,8. 'Spiccioli' di preferenze, infine, per Roberto La Rosa (Siciliani Liberi) all'1,8 per cento.
L'importanza del voto siciliano
In passato, spesso e volentieri, il voto siciliano ha fatto un pò da termometro del voto nazionale. Se così fosse, i renziani non dormono sicuramente tra due guanciali.
La proiezione è però abbastanza superficiale, non siamo più nell'epoca del 61 a zero (i seggi in parlamento conquistati dai berlusconiani siciliani alle Politiche del 2001), più che altro la Sicilia rappresenta per vertici del centrodestra l'ennesima conferma che, per contare ancora nella mappatura politica del Paese, bisogna andare al voto uniti.
Vista sul fronte opposto è la conferma che la nuova scissione in seno al centrosinistra non è un toccasana. Nell'accampamento grillino si tira invece un sospiro di sollievo: la roccaforte che lo stesso Beppe Grillo aveva costituito nel 2012 quando aveva simbolicamente attraversato a nuoto lo Stretto di Messina è ancora in piedi e non è stata scalfita dallo scandalo delle firme false e neppure dai 'lunghi coltelli' sfoderati dall'ala ortodossa del movimento in occasione delle consultazioni online che hanno designato Luigi Di Maio candidato premier e leader.
Cinque anni fa il M5S era risultato il primo partito con il 14,8 per cento delle preferenze, questa percentuale è destinata a crescere.
Micari, chi era costui?
L'impressione è che in Sicilia, a differenza di quanto accadrà per le Politiche del prossimo anno dove sarà Matteo Renzi a guidare la coalizione di centrosinistra, il PD possa paagare a caro prezzo la scelta di affidarsi ad un neofita come l'ex rettore dell'Università di Palermo, Fabrizio Micari. La definizione di 'carneade' della politica può sembrare impietosa, ma se i sondaggi corrispondono al vero (ed a poco più di due settimane dal voto è piuttosto probabile), riteniamo che la caduta annunciata dei renziani, oltre che alla pesante eredità del Governo Crocetta, sia proprio da attribuire al candidato presidente se consideriamo che un terzo degli elettori intervistati da Demos ha ammesso di non conoscerlo.
Sul fronte della sinistra più radicale, invece, il 'solito noto' Claudio Fava sta quantomeno avendo il merito di riunire sotto un'unica bandiera forze politiche tradizionalmente 'isolazioniste', si tratta di un candidato presidente con comprovata esperienza che gode di stima e fiducia anche da parte di parecchi elettori del PD di cui uno su cinque, secondo il sondaggio, indicano in Fava il proprio governatore. Considerando la differenza irrisoria tra i due candidati progressisti, non sarebbe da escludere addirittura un sorpasso che per il PD suonerebbe come una disastrosa Caporetto. Per carità, niente che spingerà Renzi e compagni a fasciarsi anzitempo la testa: le Politiche del 2018 saranno un'altra cosa: al contrario potrebbe essere una lezione da tenere a mente in vista dell'appuntamento nazionale. Obbligatorio, pertanto, imparare dai propri errori: cosa che gli avversari politici potrebbero dimostrare di saper fare, almeno in Sicilia.