Silvio berlusconi torna ancora centrale, contrariamente a ciò che anche i più ossequiosi cortigiani avevano pronosticato all'indomani del voto del 4 marzo. La trattativa con Salvini, che più che una trattativa sembra sempre più essere un sinergico ragionamento specie sul futuro del centrodestra, va delineando man mano i contorni. In soldoni: Salvini senza Berlusconi conta il 18% soltanto e rischia di appiattirsi esageratamente sui Cinquestelle, che lo utilizzano per fare leva sul Partito Democratico con cui in realtà tutti, dalle parti di Di Maio, desidererebbero accordarsi per formare - e presto - un esecutivo M5S-Pd.
Presto perchè diversamente potrebbe pensarci proprio Salvini, spinto da Berlusconi che disdegna perfino pubblicamente un accordo con i grillini. "Le aperture al Movimento di Grillo? Certo, apriamo la porta per cacciarli", le parole del Cavaliere, tanto per essere chiari. E torna ad essere interlocutore centrale perchè Forza Italia ha certamente accusato il colpo del risultato al di sotto delle aspettative venuto fuori dalle urne, ma c'è da considerare che sia pure senza il suo candidato premier Forza Italia ha ottenuto oltre cinque milioni di consensi nel Paese, più o meno omogeneamente da Nord a Sud (in alcune aree perfino più della Lega, che ha spadroneggiato al Nord ma ha arrancato al Sud, dove esordiva).
Salvini non andrà a rimorchio di Di Maio
Il concetto di Berlusconi è: Salvini non andrà al rimorchio di Di Maio per fare il numero due di un movimento del 32%, quando da questa parte può essere leader di un raggruppamento del 37% e di una maggioranza (sia pure relativa) in Parlamento. In quest'ottica Berlusconi ragiona adesso da uomo d'impresa quale è sempre stato: cedere in gran parte la leadership del Centrodestra definitivamente a Matteo Salvini, com'era negli accordi già da prima del voto, in cambio di una posizione di peso per uno dei suoi.
Ed è qui che si apre la partita sul Senato. Forza Italia ha infatti avanzato alla Lega la richiesta di poter ottenere lo scranno più alto di Palazzo Madama, la seconda carica dello Stato, vale a dire quell'uomo (o quella donna) che presumibilmente potrebbe ottenere un primo mandato esplorativo dal Capo dello Stato per formare un Governo: si parla di Paolo Romani, ma anche di Anna Maria Bernini.
Ovviamente a Salvini piacendo, che comunque avrebbe da quel momento le mani libere sul Centrodestra più in generale e rassicurazioni certe sul candidato presidente alle Regionali in Friuli Venezia Giulia, ceduto proprio da Forza Italia.
M5S davvero "perno della legislatura"?
E' una ragnatela, quella che si tesse in queste ore, che mette all'angolo Di Maio convinto di essere capo politico (con sopra di lui un garante, che è Beppe Grillo, è bene precisarlo) di un movimento che ambisce ad essere "perno della legislatura". E certamente lo sarà, ma anche a uno come Di Maio è fin troppo chiaro il fatto che il M5S è vero la prima forza politica del Paese, ma che il 68% degli elettori che sono andati a votare lo scorso 4 marzo hanno preferito movimenti e partiti che non fossero il M5S, e che tra questo enorme mare di consenso vi è un'area tinta di azzurro che si attesta ad oltre cinque punti percentuali all'insù rispetto la sua.