L’incarico di Sergio Mattarella a Giuseppe Conte alla fine è arrivato. Le resistenze del Colle, i timori sull’autonomia del nuovo premier, un programma di governo considerato rischioso. Nulla di tutto ciò, comprese le svariate polemiche scaturite dal fact checking del Curriculum del noto avvocato, hanno impedito a Luigi Di Maio e Matteo Salvini di portare a compimento il loro disegno. Eppure Mattarella è stato più volte sul punto di far saltare l’intero banco, salvo ritornare sui suoi passi per il timore di un nuovo assalto sanguinoso dei mercati.

Dopo più di 80 giorni di un logorante e poco dignitoso teatrino politico, l’Italia riavrà un governo. Restano da limare i dettagli, alias i ministri, che completeranno un esecutivo eterodiretto da Movimento5Stelle e Lega. Già perché Conte sarà pure uno spirito libero come da rassicurazioni fatte al Quirinale, ma la sua condotta politica dovrà rimanere strettamente nel perimetro tracciato alle sue spalle. Un assaggio di quello che sarà, del resto, lo ha fornito il presidente del Consiglio nel discorso post incarico. “Governo del cambiamento”, “avvocato difensore del popolo”, “interesse nazionale”, non sono stati citati a caso dal professore Conte. Tutti slogan attribuibili alla retorica a Cinquestelle finalizzati, tra l’altro, alla costruzione di una aurea politica a svantaggio del dna tecnico del novello premier.

Un tecnico eletto dai partiti

Con buona pace delle rettifiche di Di Maio e Salvini, infatti, a capo dell’esecutivo ci sarà ancora un tecnico. Il leader pentastellato non ha voluto sentir parlare di accostamenti a Monti, Letta e lo stesso Renzi (chiamato a Palazzo Chigi senza essere neppure parlamentare ndr), ma la realtà è ben diversa.

Conte apparteneva sì alla rosa dei ministri ombra presentata da Di Maio alla vigilia delle elezioni politiche, ma ciò non basta a diversificarlo dai sui illustri predecessori. Piuttosto potrebbe rimaner valido quel concetto caro alla propaganda politica del cittadino che si trasforma in portavoce al servizio del suo Paese. Insomma, da qualunque lato lo si voglia inquadrare, l’avvocato più chiacchierato del momento dovrà affrontare per la prima volta nella sua carriera un mondo del tutto diverso dalle aule dei tribunali e delle Università.

Anche per questo Mattarella ha prolungato ieri il colloquio con Conte prima di concedergli il via libera obbligato, ma non scontato. Il Capo dello Stato ha incassato buone sensazioni dal premier ostinatamente voluto da M5S e Lega, ma non ha certo celato i dubbi su di un programma colmo di trappole e azzardi pericolosi. “Li farò ragionare” pare sia stata la promessa fatta dal premier a Mattarella con ottimismo sorprendente.

Primo test stress con Salvini

Il primo banco di prova per Conte, è inutile nasconderlo, sarà la formazione della nuova squadra dei ministri. Su questo punto non sono previste grosse sorprese: i nomi, confermati, sono quelli messi in circolo nelle ultime ore. Cambierà forse la loro collocazione finale, ma non i destinatari.

L’oggetto del contendere tra M5S-Lega e il Colle è legato alla nomina del prossimo ministro dell’Economia. Salvini, che ha già concesso la scelta di un premier tecnico in orbita Cinquestelle, non intende fare passi indietro su Paola Savona. Una personalità che Mattarella conosce benissimo e che, proprio per la sua impostazione anti-europeista, ritiene incompatibile alla carica. Sembra a dir poco utopistico che Conte possa fungere da mediatore nello scontro in atto, ma dovrà pur dire la sua se non intende iniziare il mandato già sminuito nella sua credibilità. Il premier sfiorerà così la prima spina appuntita del suo governo in occasione del primo incontro ufficiale con Salvini, che arriverà al culmine di una giornata satura per le consultazioni in corso.

Tanto per complicare ancor di più la vita alla Lega già finita sotto accusa per il matrimonio con il M5S, ci ha pensato Roberto Maroni che ha avvertito così Salvini: “Non può fare il ministro dell’Interno e il segretario”.