Afghanistan. Gli Stati Uniti e il governo afghano hanno rilasciato congiuntamente un comunicato contenente l’intenzione di voler porre fine alla guerra che affligge il paese medio-orientale da circa diciotto anni. La nota è stata emessa a seguito di un accordo telefonico tra il segretario di Stato Usa Mike Pompeo e il presidente afghano Ashraf Ghani. La controparte cui è rivolto il comunicato è rappresentata dai “ribelli” Talebani afghani.
L’eventuale accordo di pace consentirebbe agli Stati Uniti di ridurre il proprio contingente militare dalle attuali 14.000 unità a meno di 9.000.
Subiranno riduzioni significative anche i contingenti – comunque meno numerosi – degli Stati facenti parte della coalizione occidentale. Tra essi anche l’Italia, la cui presenza è già stata molto ridotta, ma che, negli anni, ha subito ben 53 vittime.
Afghanistan, una guerra durata diciotto anni che ha cambiato due volte pelle
L’intervento occidentale in Afghanistan, a guida statunitense, ha avuto inizio poche settimane dopo l’attentato alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001. La motivazione sarebbe stata l’assistenza data dalla repubblica islamica all’organizzazione terroristica Al Qaeda e al suo leader Osama Bin Laden che aveva rivendicato l’attentato newyorkese.
Il collegamento Afghanistan-Al Qaeda era già allora discusso e discutibile.
Mentre l’Afghanistan era uno stato sovrano, sia pure governato con la legge islamica dal partito integralista dei Talebani, Al Qaeda era un’organizzazione internazionale. Anche Al Qaeda operava in nome dell’Islam ma i propri membri erano sparsi in tutto il mondo e non solo in Afghanistan. Tanto è vero che Bin Laden fu poi rintracciato e ucciso in Pakistan.
Proprio lo Stato che forniva agli Stati Uniti un supporto operativo per la guerra contro il paese confinante.
La guerra ha avuto due fasi. La prima, durata circa un anno, finalizzata alla cacciata dei Talebani dall’apparato statale e governativo. In tale periodo si ebbe la presa di Kabul e delle principali città afghane. La seconda, conseguente alla riorganizzazione militare dei Talebani sulle montagne (dal 2003 a tutt’oggi).
Con l’insediamento a Kabul di un nuovo governo filo-occidentale, la guerra tra Stati si è trasformata in guerra civile [VIDEO].
Nel frattempo (nel 2011), come si è detto, il leader di Al Qaeda veniva individuato ed ucciso in Pakistan. Contemporaneamente le azioni terroristiche di Al Qaeda si riducevano di molto, tanto da mettere in dubbio l’utilità del mantenimento in loco dei contingenti militari, con tutti i costi che ne conseguono. Si cominciò così a ipotizzare un accordo con i superstiti Talebani ribelli per mettere finalmente fine all’intervento.
Secondo Mike Pompeo i negoziati condotti in Afghanistan hanno già ottenuto 'seri progressi'
Con l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, il contingente militare Usa riprese ad aumentare, pur controvoglia dello stesso presidente.
Visti i pochi progressi ottenuti negli ultimi ventiquattro mesi, sembra che sia stato proprio Trump a richiedere ai propri consiglieri di tentare altre soluzioni. Chiaramente, ciò avrebbe avuto come conseguenza l’instaurazione di “sotterranee” trattative con il nemico, una volta assimilato ai terroristi.
Donald Trump, premuto dalla necessità di iniziare il ritiro delle truppe prima della sua campagna elettorale per le presidenziali del 2020, ha appositamente nominato a condurre le trattative Zalmay Khalilzad. Questi è un diplomatico Usa nato in Afghanistan. Secondo Mike Pompeo, i negoziati condotti da Khalilzad hanno sinora ottenuto “seri progressi”. Più parti hanno ottimisticamente ipotizzato la conclusione dell’accordo prima delle elezioni afghane del prossimo mese di settembre.
La testata Washington Post, notoriamente all’opposizione della Politica di Trump, è tra i pessimisti. Il quotidiano ritiene che la proposta sarà accolta con molto scetticismo dall’elettorato Usa. Gli americani, infatti non crederebbero nell’affidabilità dei Talebani. In caso di rottura dell’accordo, ritengono che il ridotto contingente militare non sarebbe in grado di controllare la situazione.
Resta la necessità, comunque, di tentare in qualche modo di porre termine a un conflitto ormai oggettivamente inutile. Un conflitto che ha causato la morte di oltre 6500 soldati occidentali e un numero imprecisato di civili afghani, stimato prudentemente intorno ai 300.000. Indipendentemente dai suoi esiti, il perseguimento di un negoziato non può che riscuotere un consenso bipartisan.