Il dibattito interno alle forze che sostengono il governo M5S-Lega in merito al varo della Legge di Bilancio 2019 sta entrando nel vivo. Ieri, 3 settembre, si è tenuto un Consiglio dei ministri interlocutorio, giacché mancavano il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio. Per quanto riguarda il primo, fonti di governo hanno parlato di un'assenza per "impegni personali", mentre il secondo era a Foggia dove ha preso parte ad un tavolo tecnico sul caporalato.

La prossima riunione del CdM dovrebbe tenersi tra giovedì e venerdì.

Il tema centrale sarà certamente il saldo di bilancio e, in modo particolare, il tetto del 3% del rapporto deficit/Pil, anche perché è proprio su questo punto che l'Italia verrà giudicata dai mercati internazionali.

Le dichiarazioni di Salvini

Come hanno ribadito diversi ministri presenti alla riunione di ieri - tra cui il titolare all'ambiente Sergio Costa - si è trattato di un incontro preparatorio. Il ministro per gli Affari europei, Paolo Savona, ha invitato ad attendere almeno un paio di giorni, poiché la questione del rapporto deficit/Pil non era all'ordine del giorno.

Invece il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini, prima di entrare al Viminale ha precisato ai cronisti che la manovra punterà a ridurre le Tasse agli italiani, ma che sarà al contempo rispettosa di tutte le regole, comprese quelle europee.

Le richieste della Lega per la prossima manovra

Come riportato dal quotidiano "La Stampa", Matteo Salvini dovrebbe riunire gli esperti economisti della Lega al Viminale per fare il punto della situazione e stabilire quali sono le priorità di politica economica per la Lega da inserire nella prossima Legge di Bilancio. Anche se sarà necessario raggiungere un compromesso con le richieste del Movimento 5 Stelle e con le esigenze istituzionali e internazionali del ministro dell'Economia Giovanni Tria, Salvini ha comunque ricordato che il Carroccio non accetterà mai un "compromesso al ribasso".

Per quanto riguarda il rapporto deficit/Pil, Armando Siri (sottosegretario alle Infrastrutture) ha affermato che attualmente c'è un margine di manovra di circa 26 miliardi di euro che rappresenta la distanza fra il tetto massimo del 3% e l'attuale 1,4%.

All'interno della Lega, in questo momento, si registrano due correnti di pensiero contrapposte.

Da un lato c'è quella caldeggiata da Claudio Borghi (presidente della commissione Bilancio della Camera) e Alberto Bagnai (presidente della commissione Finanze del Senato), i quali sarebbero fautori di una linea più dura nei confronti dell'Europa e dei suoi vincoli di bilancio. Infatti vorrebbero puntare su una manovra economica maggiormente espansiva. Sulla stessa lunghezza d'onda sarebbe anche Armando Siri.

Di diverso avviso, invece, sono Giancarlo Giorgetti e soprattutto il viceministro dell'Economia Massimo Garavaglia, che funge da collegamento fra il ministro Tria e Salvini. Il politico lombardo, infatti, sostiene con decisione la posizione del suo ministero, affermando che la volontà di sforare il tetto del 3% è un'invenzione.

L'obiettivo, dunque, è quello di non giungere alla rottura con gli investitori e di riuscire a strappare qualche piccola concessione a Bruxelles, partendo da un deficit dell'1,5% (come stabilito nelle riunioni di agosto) e provando a chiedere almeno il 2%. La speranza di Salvini, infatti, è che per pochi punti decimali l'UE possa accettare di chiudere un occhio.

Il compromesso sulle tasse

Secondo Siri, fondamentale per arrivare realmente ad un accordo con l'Unione Europea sarà la questione del taglio delle tasse. Il sottosegretario alle Infrastrutture, infatti, ha dichiarato che bisogna capire se il primo intervento in favore di partite Iva e imprese riguarderà un regime forfettizzato del 15% per chi arriva a fatturare 80mila euro, oppure per chi ha un reddito annuale di 80mila euro.

Nel primo caso, i beneficiari sarebbero soltanto i lavoratori autonomi con redditi intorno ai 20mila euro. Sarebbe un intervento piuttosto limitativo che potrebbe risultare indigesto soprattutto all'elettorato leghista, anche se rappresenterebbe comunque un primo passo verso il cambiamento, puntando magari ad ampliare la portata del provvedimento a partire dal prossimo anno.