Come previsto, si è conclusa con un nulla di fatto la prima votazione per eleggere il tredicesimo presidente della Repubblica. Manca ancora un accordo tra le forze politiche, ma i partiti hanno incominciato ad avviare un dialogo che, con il passare delle ore, sembra farsi sempre più serrato.

Il primo scrutinio

Alla prima votazione nell'Aula di Montecitorio hanno partecipato 976 dei 1008 grandi elettori previsti in seguito alla morte dell'onorevole di Forza Italia Vincenzo Fasano, al quale è subentrata per le votazioni successive Maria Rosa Sessa ripristinando il numero ai canonici 1009.

Le schede bianche sono state ben 672, quelle nulle 49 e i voti dispersi 88. Il nome più votato è stato quello di Paolo Maddalena (36 voti), proposto dagli ex del M5S. 16 voti sono andati al presidente uscente Sergio Mattarella, 9 alla ministra della Giustizia Marta Cartabia. Tra i nomi scelti dai grandi elettori anche Silvio Berlusconi (7 voti), Umberto Bossi (6 voti) e perfino alcuni personaggi dello spettacolo.

Al voto per il Capo dello Stato hanno partecipato anche 11 dei 22 grandi elettori positivi o in quarantena, per i quali nei giorni precedenti era stato messo a disposizione un seggio drive-in nel parcheggio di Montecitorio. La situazione è stata resa ancora più complessa da un black out della linea internet, che ha ostacolato non poco il lavoro dei giornalisti ma non ha in alcun modo pregiudicato lo scrutinio svoltosi, come da prassi, manualmente.

Le mosse di Salvini

Nonostante non ci sia ancora un vero e proprio accordo tra i partiti, il primo giorno di votazioni per il Quirinale è stato caratterizzato da innumerevoli incontri fra i leader politici. Il più attivo in questo senso sembra essere Matteo Salvini, che nella mattinata aveva visto il premier Mario Draghi e il segretario del Pd Enrico Letta, per poi concludere con il presidente del M5s Giuseppe Conte.

Dopo il "passo di lato" da parte di Silvio Berlusconi, il leader della Lega Nord cerca di trovare un nome in grado di mettere d'accordo i due terzi dei grandi elettori o, come appare più plausibile, proporre una rosa di nomi "di alto profilo" da condividere con gli altri partiti. In questo senso, i nomi che circolano di più sono quelli di Franco Frattini (ex ministro degli Esteri), Marcello Pera (ex presidente del Senato), Letizia Moratti (ex sindaca i Milano) e Maria Elisabetta Alberti Casellati (attuale presidente del Senato).

La preoccupazione di Letta

Fonti del Nazareno ammettono che esiste "un'apertura di dialogo" con il centrodestra, ma tutti i colloqui tenutisi finora tra i vari leader sono avvolti nel più stretto riserbo. Grande attenzione hanno suscitato pure gli incontri fra i capi dei partiti e Draghi, quest'ultimo in qualità sia di presidente del Consiglio che di principale candidato al Quirinale. Praticamente tutti i partiti (specialmente quelli che sostengono l'attuale maggioranza) vogliono evitare che un'eventuale elezione di Draghi al Colle comporti una crisi di governo "al buio".

Stando ad alcuni retroscena, il centrodestra si starebbe allontanando dall'ipotesi di eleggere l'ex presidente della Bce alla presidenza della Repubblica.

Salvini, sia come rappresentante del centrodestra che come segretario della Lega, avrebbe chiesto concessioni e garanzie in merito alla formazione di un eventuale nuovo governo, con particolare insistenza sui ministeri dell'Interno e delle Infrastrutture (che vorrebbe per il suo partito).

Le presunte richieste del leader del Carroccio metterebbero però in allarme i Dem. Enrico Letta si dice intenzionato a perseguire il dialogo perché "margini per un accordo ci sono e non vanno sciupati", ma boccia la proposta di una rosa di candidati (vicini all'area di centrodestra) bollandola come "una provocazione". Per il segretario del Pd, la via maestra "è e rimane quella di un accordo su una figura di garanzia per tutti", con l'obiettivo di preservare la legislatura e lo stesso Mario Draghi che altrimenti, conclude Letta, rischiamo di perdere "sia a Chigi che al Quirinale".

Secondo alcuni osservatori, le preoccupazioni di Letta derivano da un'eventuale intenzione di Salvini e del centrodestra di escludere il centrosinistra, magari proponendo un candidato di centrodestra e convincendo parte dei Cinque Stelle a votarlo dalla quarta votazione in poi (quando il quorum scenderà a 505 voti). Altra gatta da pelare per il Pd sarebbe l'eventuale elezione al Colle di Pierferdinando Casini. Una soluzione promossa dal leader di Italia Viva Matteo Renzi e alla quale aderirebbero anche alcuni Dem, di fatto spaccando il Pd e creando un polo di centro che diventerebbe l'ago della bilancia per la formazione di qualsiasi futuro governo, in vista di un'eventuale modifica della legge elettorale in senso proporzionale.